Enciclopedia

Beethoven, Ludwig van(Bonn 1770-Vienna 1827) Compositore tedesco. Ludwig van Beethoven nacque a Bonn il 16 dicembre 1770, da Johann van Beethoven e Maria Magdalena Keverich. La sua carriera, iniziata a soli otto anni con il debutto in pubblico, può essere divisa in tre periodi stilistici. Il periodo della preparazione, corrispondente alla giovinezza, è trascorso a Bonn. Il periodo di mezzo, dal 1793 al 1814, rappresenta quello creativo, mentre gli ultimi tredici anni portano alla trasfigurazione nell'ultimo Beethoven. In quell'epoca Bonn, sede principale degli arcivescovi di Colonia, era una città di grande fioritura culturale. In questo ambiente trovò spazio anche il protestante Christian Gottlob Neefe, organista di corte, che come maestro del giovane, lo influenzò non tanto dal punto di vista artistico, quanto dal punto di vista umano. È di questo periodo (1782) la pubblicazione della sua prima opera, Variazioni per clavicembalo su una marcia di (Ernst Christoph) Dresler. Il 27 giugno 1784 Beethoven venne assunto come secondo organista di corte. In quel periodo a Bonn fioriva la produzione moderna: sinfonie, opera seria e buffa, commedia musicale tedesca, concerti e musica da camera. Su questo terreno di attualità si basa l'esperienza del giovane Beethoven. I lavori di questi anni sono principalmente per pianoforte con l'eccezione di un unico abbozzo di un tema in campo sinfonico. Nel 1787, consigliato da Neefe, Beethoven si recò per la prima volta a Vienna da Mozart. Quest'ultimo era però molto occupato per la prima esecuzione del Don Giovanni e Beethoven venne presto richiamato in patria per la malattia della madre, che morì nello stesso anno. Nel 1789 iniziò a frequentare la facoltà di filosofia di Bonn. In questo periodo la sua formazione umana è influenzata da Breuning e dall'amicizia con Franz Wegeler, suo amico sino alla morte. Nel luglio del 1792 Joseph Haydn si trattenne per un breve periodo a Bonn e incoraggiò Beethoven a ritornare a Vienna. Fu così che, nel novembre del 1792, lasciò definitivamente Bonn. Le prime opere di questo nuovo periodo viennese (i trii op. 1, i quartetti, le prime sonate per pianoforte, le sinfonie) furono improntate allo stile di Mozart e Haydn anche se in esse comparve una personalità completamente nuova e unica. Beethoven non era dotato di grande facilità nel comporre e le sue opere furono continuamente riviste e sottoposte a severa autocritica. A Vienna, grazie alla protezione del conte di Waldstein, Beethoven riuscì a introdursi subito nei circoli liberali dove il principe Karl Lichnowsky divenne il suo primo protettore ufficiale. Nel 1794, abbandonati gli insegnamenti di Haydn perché troppo lenti, Beethoven iniziò a studiare con il teorico Johann Georg Albrechtsberger e prese lezioni dal maestro di corte, Antonio Salieri, sull'arte di accompagnare le parole con la musica, pur continuando, anche in questo periodo di studio, la sua attività artistica con concerti pubblici nei saloni della nobiltà e della borghesia agiata. Nel 1796, accompagnato da Lichnowsky, si recò in tournée a Norimberga, a Praga, a Dresda e a Berlino dove suonò a corte. Per il berlinese Duport, amante della musica da camera, Beethoven compose le due sonate per pianoforte e violoncello op. 5, pezzi tipicamente virtuosi. Gli anni di Vienna videro affermarsi la sua originalità artistica e le sinfonie ne furono la prova. La prima fu subito all'altezza delle sinfonie dell'epoca (Haydn, Mozart). Nella seconda si fecero strada il suo genio e la sua soggettiva espressione musicale che trovarono completo sfogo nella terza sinfonia, l'Eroica. Questo è un periodo di intensa produzione. Beethoven compone tutte le opere numerate dall'1 al 21, tra cui ricordiamo il Canto di addio ai cittadini di Vienna alla partenza dei volontari (1797), Settimino op. 20 (1799) dedicato a Maria Teresa, seconda moglie di Francesco I d'Austria; sei quartetti per archi op. 18 (1800), la sonata Primavera op. 24 (1800), la Sonata a Kreutzer (1802). Sempre a questo periodo appartengono le due romanze per violino opp. 40 e 50 (1802), Cristo sul monte degli ulivi op. 85 (1803), il lied Adelaide, il sestetto per strumenti a fiato op. 71, la scena e l'aria Ah perfido op. 65, due concerti per pianoforte, due sonate per violoncello, la musica per il balletto Gli uomini di Prometeo, l'Eroica (1803) e, a conclusione di questo periodo, la Sonata a Waldestein e Appassionata (1804). Per l'Eroica il pubblico si divise in due gruppi: quelli che desideravano che il compositore tornasse al suo vecchio stile, quello delle prime due sinfonie e di Settimino, e un ristretto gruppo di quelli che entusiasticamente gli tributarono un enorme riconoscimento. Già nel 1798 Beethoven ebbe l'idea di una sinfonia eroica per esaltare il console Napoleone, ma quando questi si fece proclamare imperatore, egli vide cadere l'immagine del suo mito. Dopo il simbolico gesto di strappare la dedica a Napoleone, il reale contenuto della poderosa opera risultò comunque evidente: sparì l'eroicità esteriore e comparì quella interiore, quella che l'autore stesso viveva, diviso tra la rinuncia alla vita e la ribellione contro il destino. Questa grande opera sinfonica prese forma proprio quando Beethoven riuscì a rivestire di eroici panni i sentimenti dell'umanità, vittoriosa o sofferente che fosse. In questo periodo viennese egli raggiunse la perfezione tecnico-compositiva, l'epoca che segnò il conseguimento di una completa libertà artistica dello spirito; la commissione divenne sempre meno importante, mentre ebbe sempre più spazio l'impulso personale e soggettivo. Già in questo felice periodo, Beethoven aveva avuto i primi segnali della sua sordità, che segnò inequivocabilmente lo stile della sua maturità. Il senso del suono, fortunatamente, rimase chiarissimo, anzi la malattia riuscì a sublimare i suoni e i toni. Quando si manifestarono i primi sintomi della sordità, Beethoven si vide costretto a rinunciare alla carriera di pianista. Si chiuse, per lui, il mondo della società viennese e morì il lato espansivo della sua personalità. Soltanto la natura e la sua bellezza gli furono di conforto, diventando una fonte delle più nobili energie umane. Spesso Beethoven, durante questi anni, si rifugiò a Heiligenstadt, un luogo vicino a Vienna, e lì, nell'estate del 1802, scrisse quello che oggi noi conosciamo come il Testamento di Heiligenstadt, indirizzato ai suoi due fratelli. L'autore vi scrisse tutto il suo dolore, la sua perplessità sul mondo e su se stesso, cercò di spiegare come il suo comportamento, apparentemente da misantropo, fosse completamente opposto alla sua indole. Con l'Eroica il prestigio e la fama di Beethoven non rimasero circoscritti a Vienna e le sue opere ottennero grandi successi in Francia e in Inghilterra. Iniziò il periodo creativo di mezzo che trovò i suoi estremi nella terza e ottava sinfonia. 
Di questo periodo sono: il magnifico concerto per violino op. 61, i tre quartetti Rasumosky op. 59, i due quartetti per archi opp. 74 e 95, la fantasia per coro op. 80, il grande concerto per pianoforte in mi bemolle maggiore op. 73, le sonate per pianoforte opp. 78 e 81 a (Les adieux), l'ultima sonata per violino op. 96, le musiche operistiche per il Coriolano e per l'Egmont, la quinta e la sesta sinfonia (Pastorale) opp. 67 e 68. Le opere di questo periodo furono le confessioni di una personalità che volle mostrare a quell'ambiente detestabile la propria immagine umana del mondo, a dispetto di tutti i colpi del destino. Nel 1808 Beethoven ricevette la nomina di direttore dell'orchestra di Kassel alla corte di re Girolamo, che egli accettò, dopo molte perplessità. Ciò gli conferì una posizione di totale sicurezza economica, situazione ideale per un artista che voglia dedicarsi completamente all'elaborazione di grandi opere, senza assilli di ordine pratico. Nel 1813, con la curiosa sinfonia La battaglia di Victoria op. 91, Beethoven registrò il più grande trionfo di pubblico della sua vita. Nel 1814, anno dei massimi successi della sua vita ci furono due repliche davanti ai principi del Congresso di Vienna. Sempre in questo anno Beethoven ritrovò una vena creativa piena di freschezza, prima che iniziasse il periodo di isolamento, di completamento e perfezionamento, cioè il terzo e ultimo periodo stilistico. Nel 1814 il compositore rielaborò definitivamente il Fidelio. Nel 1803 Beethoven, ancora principiante nel campo operistico, aveva iniziato la prima redazione del Fidelio. La prima esecuzione di quest'opera avvenne nel 1805 con il nome di Leonora. Fu un fiasco; cominciò così la completa revisione che portò il Fidelio al successo nel 1814. Le opere drammatiche di Beethoven iniziarono col Fidelio e continuarono con l'ouverture del Coriolano (1807), e dell'Egmont. Queste tre ouverture fanno parte del repertorio fisso di tutti i programmi concertistici. Il terzo periodo stilistico coincide con l'ultimo decennio di vita dell'artista. Divenne sempre più solitario, la sua sordità sempre più completa. A quest'ultimo periodo appartengono le tre ultime sonate per pianoforte opp. 109, 110, 111, iniziate nel 1820 e terminate nel 1822, gli ultimi quartetti (1822-1826), il canone a cinque voci Ottimo Signor Conte, Lei è una pecora (dedicata al conte Lichnowsky), 33 Variazioni Diabelli op. 120, la nona sinfonia e la Missa solemnis eseguite per la prima volta nel 1822 e infine Dottore chiudete la porta alla morte (1825). La nona sinfonia fu la chiave di volta di tutte le opere sinfoniche e insieme l'apoteosi che le sintetizzò. In essa vennero riuniti tutti i temi fondamentali delle grandi sinfonie drammatiche: l'eroicità della terza, il fatalismo della quinta, l'esaltazione vitale della settima. Fattore innovativo fu l'inserimento di una parte dell'inno di Schiller, Alla gioia, che da tempo Beethoven pensava di musicare. L'introduzione di un coro in un'opera strumentale derivò, probabilmente, dal desiderio di esprimere, grazie alle voci umane, la gioia di vivere e l'affermazione dei valori della vita. La Missa solemnis si configurò come un opera maestosa che occupò a pieno Beethoven. L'adattamento al testo della messa divenne una lotta spasmodica e personale con i problemi religiosi; alla fine risultò più una confessione personale che un'opera liturgica. Le ultime sonate per pianoforte furono composte in una forma nuova e con suoni nuovi, suoni esplicitamente voluti e non causati dalla sordità. Esse riflettono la profondità della vita spirituale dell'artista: i sentimenti, la tenerezza, il romanticismo, il dolore, la tempesta, la potenza demoniaca. I quartetti per archi, i primi tre commissionati dal principe Galitzin, furono l'epilogo della vita del compositore, un epilogo di massimo vigore, intriso di forza creatrice e alto grado di spiritualizzazione. Questi ultimi quartetti (opp. 127, 130, 133 e 135) furono rivalutati e veramente amati solo nel nostro secolo, tanto da essere divenuti oggi un punto di partenza e di riferimento per la creazione della moderna musica da camera. Per capire i quartetti, come per molte altre opere di Beethoven, fu fondamentale la lettura dei libri di abbozzi. Beethoven lavorò sempre lentamente e faticosamente, i pensieri gli venivano a sprazzi, doveva provarli più volte, rivederli, correggerli prima di stendere la forma definitiva. Beethoven, instancabile, continuò a lavorare su nuovi abbozzi: una ouverture B-A-C-H, la decima sinfonia e una messa in do diesis. Pensò a un requiem, a un oratorio, a una musica per il Faust e a un'opera (Melusina). La fantasia lavorò più che mai. Purtroppo la salute di Beethoven peggiorava rapidamente. Nel 1820 ebbe un'itterizia come primo segno della malattia di fegato che lo portò, in seguito, alla morte. Nel 1826 le condizioni fisiche subirono un brusco decadimento, ma lo spirito non perdette vigore se non negli ultimissimi giorni. Beethoven morì il 26 marzo 1827 verso le sei di sera mentre un temporale, accompagnato da una tempesta di neve, infuriava sulla città. 


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