Enciclopedia

bizantìno, agg. 1 Di Bisanzio, dell'impero d'oriente. 2 Eccessivamente raffinato. ~ ricercato. <> essenziale. 3 Cavilloso, pedante. ~ capzioso. <> lineare. 
Arte bizantina 
È così detta l'arte cristiana d'oriente, sviluppatasi a Costantinopoli nel IV e V sec. e poi propagatasi in tutte le regioni dell'impero romano; diffusa principalmente a partire da Costantinopoli, si distingueva per le elaborazioni iconografiche e stilistiche che sorgevano dall'unione della tradizione ellenistica, romana e quella orientale (specie della Persia, della Siria e dell'Armenia). L'architettura impiega giochi di luce e ombra raggiunti con la sfericità di volte e calotte e con i grandiosi mosaici su fondo oro. Le chiese sono sia di tipo basilicale, a tre o cinque navate, con tre absidi aggregate e il presbiterio diviso dal resto dell'edificio tramite l'iconostasi (esempi illustri sono Sant'Apollinare Nuovo e Sant'Apollinare in Classe a Ravenna, San Demetrio a Salonicco), sia a pianta centrale (poligonale, quadrata, circolare, a croce greca) con volte a botte, cupole e molte finestre (San Vitale a Ravenna, Santa Sofia a Salonicco, San Marco a Venezia). La scultura è di carattere decorativo strettamente collegata all'architettura; prezioso esempio di tutto tondo è la testa di Teodora, conservata al castello Sforzesco di Milano o i capitelli di San Vitale a Ravenna. Di grande importanza sono gli avori, lavorati a Costantinopoli e Alessandria; vero e proprio capolavoro è la cattedra di Massimiliano di Ravenna. La pittura si esprime quasi esclusivamente nel mosaico, fatto di tessere policrome e tessere d'oro, negli affreschi (scuola cretese) e nel dipinto su legno; testimonianze di questa suprema ricerca della bellezza artistica sono conservate a Ravenna (San Vitale, Sant'Apollinare in Classe, Sant'Apollinare Nuovo), a Venezia (San Marco), in Sicilia (duomo di Cefalù e di Monreale) a Tessalonica (chiesa di San Demetrio) e a Roma (Sant'Agnese, San Lorenzo). Vi sono anche esempi di affreschi a Hosios Lukas, in Focide, nelle catacombe romane di Ponziano, di Commodilla, di Callisto e in San Demetrio di Salonicco. Pregevoli sono inoltre la pittura di icone (Arcangelo Michele, Museo Nazionale di Pisa), la miniatura, l'oreficeria, la scultura lignea, la ceramica, i manufatti in tessuto (principalmente seta) prodotti a Costantinopoli e in Sicilia. 
Impero bizantino 
Denominazione adottata dall'impero romano d'oriente dopo il crollo dell'impero romano d'occidente (476), desunta dal nome della sua capitale Bisanzio (Costantinopoli). Giustiniano (527-565) perseguì la politica dell'unificazione dei territori che facevano parte del vasto impero e gli diede nuovo splendore unendo la prassi giuridico amministrativa romana, la tradizione culturale ellenistica e la religione cristiana; il sistema risultante aveva un carattere tutto incentrato sulla figura sacra dell'imperatore (basiléus), monarca assoluto per volere di Dio. L'apparato burocratico, molto solido come quello militare e diplomatico, era ben organizzato; funzionale il sistema fiscale e accurato l'ordinamento giuridico (Corpus Iuris). Sotto Eraclio I, dopo che le terre mediterranee occidentali erano state tolte a vandali e goti (VI sec.), a partire dal VII sec., Bisanzio, soffocata dalla forza araba, perdette Siria, Egitto e coste settentrionali dell'Africa; nel frattempo in Italia si insediavano i longobardi e in alcune zone dei Balcani gli slavi. L'impero si trovò in una situazione di inferiorità militare anche perché indebolito dal conflitto con il pontefice e dalle lotte religiose iconoclaste iniziate sotto Leone III nel 726; tutto ciò portò allo scisma del 1054. Nel X e XI sec. la religione greco ortodossa si diffuse nei territori dell'impero che, nel frattempo, aveva preso il controllo dei Balcani sottomettendo i bulgari e influendo anche sui popoli russi; aveva riconquistato anche i territori mediterranei orientali (Siria, Palestina, Creta, Cipro). La decadenza dell'impero fu determinata, a metà dell'XI sec., dalla stretta dei normanni a occidente e dei turchi a oriente; i crociati si impossessarono di Costantinopoli nel 1024 e l'impero bizantino venne trasformato in impero latino d'oriente. La restaurazione del 1261, con la conquista di Costantinopoli da parte di Michele VIII Paleologo, non fu sufficiente a fermare il corso della disgregazione che divenne definitiva quando Costantinopoli cadde in potere del sultano ottomano Maometto II (1453). 
Letteratura bizantina 
Corrisponde convenzionalmente al periodo della letteratura greca che copre l'arco di tempo che va dall'incoronazione di Giustiniano (527 d. C.) alla presa di Costantinopoli da parte dei turchi (1453) e può essere sostanzialmente divisa in due periodi. Il primo, dal VI al IX sec., è pervaso da un fervente cristianesimo (opere in prosa su teologia, retorica e filologia) ed esprime la perfetta sintesi di motivi orientali. Un'importante figura è quella di Romano il Melode, che cantò i misteri del cristianesimo in inni appassionati, altamente lirici. Tra i libri più letti nel medioevo ci fu il Barlaam e Iosafat, il solo romanzo bizantino in lingua volgare a carattere morale e religioso, nel quale componenti orientali, come la teologia buddhista, si adattano perfettamente a componenti cristiane. Scrissero di teologia ortodossa Giovanni Damasceno, Teodoro Studita, il patriarca Niceforo. Nel VI sec. sbocciò la storiografia con Procopio di Cesarea, Agazia e Menandro Protettore; Giovanni Malalas di Antiochia diede il via alla cronografia. La poesia secolare espresse il meglio di se stessa nell'epigramma. Paolo Silenziario e Agazia furono autori di poetici epigrammi erotici; Giorgio di Pisidia, il primo a fare uso del dodecasillabo, si cimentò in epigrammi che riportavano avvenimenti a lui contemporanei. Il secondo periodo, dal IX al XV sec., corrisponde alla rinascita politica dello stato bizantino e vide continuare la fortuna dell'epigramma con Costantino Cefala (X sec.), Massimo Planude (XIV sec.), e degli studi filologici con la compilazione dell'Antologia Palatina. Assai viva la letteratura popolare in prosa e in versi, di carattere epico come il poema Digenis Akrìtas (X-XI secc.). La poesia ebbe tra i suoi esponenti Costantino di Rodi, Giovanni Geometra, Cristoforo di Mitilene. La cultura classica fu conservata grazie anche alla ricostruzione dell'università di Costantinopoli da parte di Bardas (863); Psello e successori vi insegnarono la filosofia, in particolare platonica, mentre Giovanni Tzetze contribuì alla rinascita degli studi filologici. Con i Comneni la storiografia conseguì i più alti livelli (Anna Comnena, Giorgio Acropolita, Niceforo Gregora che scrisse una vastissima Storia bizantina, Teodoro Metochita, Leonico Calcondila, Giorgio Franze). La lingua parlata non viene impiegata in letteratura se non molto tardi e sporadicamente; ciò causò la diglossia caratteristica del greco moderno. Il primo a impiegare il volgare fu Teofane (IX sec.) nelle cronache; nell'XI e XII sec. scrissero poesie in volgare Glikas e Teodoro Prodromo; inoltre, apparvero in volgare anche molti romanzi neoellenici. 
Rito bizantino 
Liturgia delle chiese cristiane orientali. Sorto ad Antiochia, si propagò, subendo varie trasformazioni, in tutto l'impero bizantino, con l'istituzione del patriarcato di Costantinopoli (451). Il rito venne tradotto in molte lingue (siriaco, slavo, armeno, albanese, romeno, ungherese). 
Teatro bizantino 
Fino al periodo iconoclastico il teatro praticamente non esisteva, anche perché era fortemente contrastato dalla chiesa primitiva; nel periodo della dinastia macedone (IX-XI secc.) il dramma sacro venne accettato in chiesa. Poche sono le notizie relative al teatro secolare. Destinati alla lettura erano i Versi su Adamo, di Ignazio Diacono (IX sec.), e il Christòs Paschon, dramma sacro attribuito a Gregorio di Nazianzo; probabilmente destinate alla recitazione erano le opere di Michele Aplúcheir e di Teodoro Prodromo. 


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