Enciclopedia

Cervantes Saavedra, Miguel de (Alcal´ de Henares 1547-Madrid 1616) Narratore, commediografo e poeta spagnolo. Quarto dei 7 figli d'un chirurgo, professione a quel tempo molto meno remunerativa di quella di medico, visse i primi anni nella città natale. Un'importante fonte di notizie sulla sua vita è rappresentata dalle introduzioni premesse alle sue opere letterarie. Da Alcal´ de Henares, la famiglia si trasferì a Salamanca, dove Cervantes studiò presso i Gesuiti fino al 1565. Nel 1566 fu a Madrid. Nel 1568 compose alcune poesie dedicandole alla morta regina Isabella di Valois, moglie del re Filippo II. Nel 1569 entrò al servizio del cardinale Acquaviva e partì per l'Italia. Nel 1570 si arruolò nell'esercito. Combatté nella battaglia di Lepanto (1571), dove fu gravemente ferito alla mano sinistra, che dovette essergli amputata, a Navarino, a Biserta e a Tunisi (1572). Fu sempre orgoglioso della sua invalidità, che testimoniava il suo sincero amore di patria. Nel 1575, durante il ritorno in Spagna per mare, venne catturato dai pirati insieme a tutto l'equipaggio della nave su cui viaggiava e ridotto in schiavitù ad Algeri, dove rimase per cinque anni, essendo falliti ben quattro tentativi di fuga. Nel 1584 si sposò e fino al 1587 si stabilì a Esquivias nella Mancia, regione che avrebbe poi immortalato nel Don Chisciotte. Risalgono a questo periodo le prime commedie, vagamente autobiografiche: I costumi di Algeri, La distruzione di Numanzia, La battaglia navale. Nel 1585 pubblicò il romanzo pastorale La Galatea, senza grande successo. Nel 1587 si trasferì in Andalusia. Iniziarono per lui anni di difficoltà economiche, caratterizzati da continui spostamenti. Per mantenere la famiglia, s'impiegò come esattore. In realtà l'attività non gli era congeniale. Truffato, fu chiamato dalle autorità a discolparsi, senza riuscirci. Venne imprigionato. Solo molti anni dopo, la pubblicazione e il successo delle sue opere gli consentì una maggiore tranquillità economica. Nel 1604 si stabilì a Valladolid, sede della corte. Riunì a sé le sorelle, la figlia Isabella e la nipote Costanza. In questo periodo venne ingiustamente accusato della morte del cavaliere Don Gaspar de Ezpeleta. Venne ancora incarcerato, questa volta insieme ai familiari. Riuscì a provare la sua innocenza. Nello stesso anno, ottenne l'autorizzazione a stampare il primo volume del Don Chisciotte della Mancia (1605-1615), storia tragicomica di un hidalgo spagnolo, che, perduto il senno, diviene cavaliere errante. Il romanzo interpreta la crisi degli ideali rinascimentali in età barocca, e il contrasto è messo ancor più in risalto dalla contrapposizione di amore, giustizia, onore da una parte e il borghese buon senso del servitore e scudiero Sancio Panza, dall'altra. La prima parte fu pubblicata a Madrid all'inizio del 1605 e fu subito un successo, ristampato in sei edizioni nello stesso anno. Il linguaggio scorrevole e di grande efficacia, la presenza di situazioni comiche, la narrazione realistica, la ricchezza di personaggi di ogni condizione sociale resi con verità psicologica furono alla base del successo dell'opera. Il significato universale del protagonista è una conquista dell'analisi critica successiva. Il successo dell'opera portò con sé la comparsa di numerose edizioni clandestine del Don Chisciotte. I protagonisti del libro, Don Chisciotte e Sancio Panza assunsero le caratteristiche di tipi umani esemplari. Il successo del suo libro migliorò poco le condizioni dell'autore, che continuò a trovarsi in ristrettezze economiche, ma proseguì instancabilmente un'intensa attività letteraria. Nel 1609 entrò a far parte di un ordine francescano. Nel 1613 dette alle stampe le Novelle esemplari. Contemporaneamente pubblicò alcuni lavori teatrali. Nel 1614 apparve il più famoso dei suoi poemi, Il viaggio al Parnaso. Nel 1615, pubblicò la seconda parte del Don Chisciotte, accolta con un successo simile alla prima. Ebbe tre edizioni in tre anni (1615-1617). Nelle edizioni successive al 1617, le due parti del Don Chisciotte vennero riunite. L'ultimo lavoro, Le peregrinazioni (I travagli) di Persile e Sigismonda (1616), fu pubblicato postumo. Cervantes morì il 23 aprile 1616 a Madrid. Fu sepolto nel convento delle Suore Trinitarie. La fama del suo capolavoro superò presto i confini della Spagna: a pochi anni dalla sua apparizione, era già stato tradotto in inglese (1612), in francese (1613) e in italiano (1622). Quando Cervantes aveva già quasi completato la seconda parte dell'opera, apparve un Secondo volume del Don Chisciotte scritto da un certo Alonso Fern´ndez de Avellaneda. Quest'opera è oggi nota come Il falso Chisciotte o Il Chisciotte di Avellaneda. Le indagini intese a individuarne meglio l'autore e i particolari della pubblicazione non sono approdate a nulla. Cervantes ne fu molto amareggiato. Il Don Chisciotte può essere letto in numerosi modi, tra i quali quello della satira del romanzo di cavalleria. Qualche studioso considera il libro al pari di numerose altre opere rinascimentali (tra le quali si cita Gargantua e Pantagruel, di François Rabelais, pubblicato nel 1532-1552) espressione del desiderio di libertà e della tolleranza religiosa e politica, che gli autori erano costretti a mascherare da opere comiche e ironiche apparentemente di tutt'altro contenuto, per evitare di incorrere nei rigori delle autorità civili e religiose (come la tristemente famosa Inquisizione). Le avventure di Don Chisciotte costituiscono il veicolo socialmente accettabile della critica sottile dell'autore ai privilegi legati alla nascita e l'elogio della libertà di coscienza. In ultima analisi, il libro può essere inteso come la narrazione della vicenda di un borghese di un piccolo villaggio della Mancia che, esaltato dalle molte letture di libri di cavalleria con i grandi esempi di coraggio e di nobiltà, a cinquant'anni lascia il suo villaggio e percorre la Spagna in cerca, come il suo eroe Amadigi, di grandiose avventure, che, in realtà sono esistite soltanto nei libri. Il suo stesso linguaggio si modella sulla presunta magniloquenza degli eroi cavallereschi descritti nei libri. Dopo aver subito ripetute sconfitte, il protagonista recupererà in punto di morte la coscienza della realtà. Viceversa, Sancio Panza, il contadino-scudiero che troviamo a fianco di Don Chisciotte, sempre con i piedi saldamente radicati a terra, scuote la testa alle pazze imprese del suo padrone, le quali tuttavia spesso riescono a far sognare anche lui. In lui, è stato visto il pícaro che lascia correre le stravaganze di Don Chisciotte, nella speranza di diventare governatore di una fantastica isola. Nei due personaggi principali, molti commentatori hanno voluto vedere due eterni tipi umani o le due eterne facce della vicenda di ogni uomo. L'opera si presta ad essere interpretata come lo specchio di una crisi sociale, economica e di ideali. Le imprese cavalleresche sono cosa del passato; l'uomo del Seicento non ha la preoccupazione di cercare la gloria cavalleresca, ma semplicemente quella di sbarcare il lunario. L'uomo rinascimentale era convinto delle capacità umane di modificare la realtà. Don Chisciotte sogna di farlo, ma troverà sulla sua strada solo una serie di delusioni: la lezione è chiara, il mondo contemporaneo non può essere cambiato. Le avventure di Don Chisciotte sono raggruppate in tre diverse campagne (due descritte nella parte iniziale dell'opera, la terza contenuta nella seconda parte). L'intreccio è multiplo, in quanto nelle numerose avventure del protagonista si innestano o si alternano alcune novelle, talvolta completamente slegate dalla vicenda principale narrata. Nell'opera è stata vista anche la sintesi felice di due generi letterari diffusi, la letteratura cavalleresca (con Don Chisciotte come personaggio chiave) e il romanzo picaresco (con Sancio Panza come figura simbolica). 
Cervantes dedicò molte delle sue energie alle opere destinate al teatro, ma riuscì a raccogliere solo limitate soddisfazioni da questi lavori. Oltre alle commedie già citate, Cervantes raccolse la sua produzione in volume nel 1615 pubblicando Ocho comedias y ocho entremeses (Otto commedie e otto intermezzi). Le otto commedie sono El gallardo español (Il baldo spagnolo), La casa de los celos y selvas de Ardenia (La casa della gelosia e le selve di Ardenia), Los baños de Argel (Le prigioni di Algeri), El rufiàn dichoso (Il magnaccia fortunato), La gran sultana doña Catalina de Oviedo (La grande sultana donna Caterina di Oviedo), Laberinto de amor (Labirinto d'amore), La entretenida (La divertita), Pedro de Urdemalas (Pietro di Urdemalas). I titoli degli intermezzi, che non sono altro che commedie in miniatura, sono El juez de los divorcios (Il giudice dei divorzi), El rufiàn viudo (Il magnaccia vedovo), La elección de los alcaldes de Daganzo (L'elezione dei giudici di Daganzo), La guarda cuidadosa (La vigile sentinella), El vizcaíno fingido (Il finto biscaglino), El retablo de las maravillas (Il teatrino delle meraviglie), La cueva de Salamanca (La grotta di Salamanca), El viejo celoso (Il vecchio geloso). La datazione delle commedie rimane incerta. Tra di esse, sono state recentemente fatte oggetto di qualche attenzione Le prigioni di Algeri e I costumi di Algeri rivalutate in quanto documenti autobiografici di una prigionia durata cinque lunghi anni. Gli intermezzi, a differenza delle commedie, ebbero un certo successo tra i contemporanei e sono stati ripresi (tra gli altri, da F. García Lorca) anche in epoca moderna, in particolare La cueva de Salamanca e El viejo celoso


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