Enciclopedia

alpinìsmo, sm. Pratica di scalare montagne e tecnica richiesta per attuarla. Non praticato dagli antichi che, anzi, temevano o consideravano la montagna un luogo sacro, l'alpinismo nacque con il ritorno alla natura tipico del preromanticismo. Con la scalata del monte Bianco (4.810 m) da parte di M. Paccard e J. Balmat, nel 1786, inizia l'alpinismo moderno; lo svizzero H. B. De Saussure ripeté l'impresa un anno dopo. Da allora, l'interesse per le ascensioni alpinistiche aumentò progressivamente; le maggiori vette delle Alpi vennero affrontate una dopo l'altra (il Cervino da Whymper nel 1865, il monte Rosa da Zumstein nel 1819 e da Gnifetti nel 1842). Questi pionieri dell'alpinismo utilizzavano strumenti elementari e spesso si servivano di guide locali. Alla fine della prima guerra mondiale, l'alpinismo ebbe grande diffusione e fu anche stabilita una scala per misurare le difficoltà delle scalate (scala Welzenbach o scala di Monaco, in sei gradi); fecero la loro comparsa piccozze e ramponi e si andò alla ricerca delle difficoltà massime (sesto grado). Intanto, si moltiplicavano le ascensioni anche sulle montagne di altri continenti (Everest, da parte di Hillary e Tenzing, nel 1953 e K2, da parte di Lacedelli e Compagnoni, nel 1954). Dagli anni '50, si sono diffusi l'uso di mezzi artificiali e la ricerca di vie di salita più dirette alla vetta, anche se più difficili. Da circa un ventennio, Messner (il primo uomo ad aver scalato i quattordici 8.000 metri della Terra) ha aperto la via dell'alpinismo senza bombole di ossigeno e con il minor numero di mezzi possibile. Ultimamente, è molto in voga l'arrampicata libera (free climbing), effettuata su falesie e pareti di fondovalle. 


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