Enciclopedia

modernìsmo, sm. Tendenza e attitudine al rinnovamento e alla riforma di ideologie e metodologie, per adeguarle al mondo moderno. 
In letteratura indica il movimento letterario, avviato nei paesi dell'America latina alla fine del XIX sec. e passato poi in Spagna, che, ricollegandosi con l'esperienza simbolista e parnassiana francese, assunse carattere sovranazionale. Contrapposto al romanticismo deteriore, il modernismo fu attento agli aspetti formali e allo sviluppo di una prosa curata e ricercata. Il poeta nicaraguense R. Dario è considerato il caposcuola e la sua opera Azul (1888) ne rappresenta il manifesto. In ambito religioso, il modernismo sorse intorno alla fine del XIX sec., per cercare di conciliare il tradizionalismo cattolico con il pensiero laico contemporaneo, rianalizzando criticamente e filologicamente la Bibbia e aggiornando gli studi teologici sulla base della filosofia del tempo. Il movimento fu condannato da papa Pio X con il decreto Lamentabili sane exitu (1907) e con l'enciclica Pascendi dominici gregis (1907) e solo nel concilio Vaticano II fu abolito l'obbligo per il clero di giuramento antimodernista. I principali esponenti furono i francesi A. Loisy, E. Le Roy, M. Blondel e L. Laberthonnière, l'inglese G. Tyrrell e gli italiani E. Buonaiuti e R. Murri. 
In campo artistico il modernismo fece parte del movimento Art Nouveau e sorse alla fine del XIX sec. in Spagna. I principali esponenti furono A. Gaudí, Domenéch y Montaner, J. Puig y Cadafalch, B. Martorell e F. Granell. 


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