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nominalìsmo, sm. In filosofia è la posizione assunta da alcuni filosofi medievali, relativamente ai concetti universali, ai quali non viene attribuita alcuna realtà, essendo essi soltanto dei nomi. I principali sostenitori furono Roscellino (XI sec.), Abelardo, Guglielmo di Occam e, in epoca più recente, D. Hume, G. Berkeley e N. Goodman. Roscellino sostenne che soltanto gli individui sono reali, mentre gli universali, o concetti generali, sono semplicemente suoni (flatus vocis). Abelardo, allievo di Roscellino, condivide sostanzialmente la posizione del maestro, negando agli universali ogni esistenza esterna al pensiero e sostenendo che gli individui sono le uniche realtà complete. 
Per Guglielmo di Occam, gli oggetti sono individuali ed è solo la convenzione che dà senso all'universalità di un nome. D. Hume sostiene che la combinazione tra l'azione dell'immaginazione, che associa tra loro idee simili, e l'abitudine permette di spiegare come un'idea particolare possa rappresentare altre idee particolari e divenire quindi generale. Per G. Berkeley non esistono idee generali astratte. N. Goodman ammette solo i predicati di oggetti astratti che siano riconducibili a predicati di individui. 


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