Enciclopedia

De rerum naturaPoema in esametri di T. Lucrezio Caro (I secolo a. C.). L'opera, suddivisa in sei libri, per un totale di 7415 versi, aveva come scopo la divulgazione della teoria epicurea e la liberazione degli uomini dalla paura della morte e degli dei. L'inno a Venere dell'inizio sembra contrapporsi al terrificante quadro della peste di Atene, una sorta di trionfo della morte contro il trionfo della vita, senza conciliazione degli opposti. 
Secondo la fisica epicurea, che recupera le teorie atomistiche di Leucippo e Democrito, l'universo vive del moto incessante di atomi, che si aggregano e disgregano originando le realtà esistenti; nascita e morte sono costituite da questo continuo processo di aggregazione e disgregazione; l'anima è anch'essa una combinazione fortuita di atomi che cessa di vivere contemporaneamente al corpo. Il fondamento del sapere è la sensazione. La morte non deve essere temuta perché pone fine alle sensazioni. Tutti i fenomeni hanno cause naturali: gli dei non devono essere temuti poiché non si preoccupano delle vicende umane. L'atarassia, cioè l'imperturbabilità è il presupposto della felicità. L'uomo felice è colui che riconosce come regola dell'esistenza il piacere, inteso come soppressione del dolore, soddisfazione dei bisogni naturali e limitazione dei desideri. Questo è il motivo per cui il De rerum natura si apre con un'invocazione a Venere, simbolo dell'amore e del piacere cui tendono naturalmente tutti gli esseri viventi. Lucrezio riteneva che il mondo fosse regolato dalle leggi naturali e non dall'intervento degli dei, mentre la civiltà era opera degli uomini e non degli dei. Queste teorie anticipano quelle della scienza e della filosofia moderna. 
Lucrezio si mostra costantemente attento al problema del linguaggio. Il libro, poco apprezzato per la sua posizione antireligiosa, fu rivalutato dagli umanisti per le sue qualità poetiche. Lo stile severo, capace di durezze e di eleganze è sempre nobile e concreto e non cede mai alle ampollosità della retorica. 


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