Prima pagina

E' questo un giornale di genere comico, è più che un'opera periodica un'opera buffa. Noi siamo i primi ad avvertirlo e chiunque si farà a lanciare epigrammi arriverà troppo tardi. Il foglio vien a luce ogni vespro, come ben comprenderete dal titolo, appunto nell'ora della digestione; perciò non potrà far a tutti lo stesso effetto. Le nostre pagine sono leggiere, staccate, volanti affinché il vento se le porti come le foglie della Sibilla, né v'è altro di piombo che i caratteri. Noi avremo al nostro comando potenze aeree, terrestri, infernali che ci ragguaglieranno di tutto quello che accade nella città, di tutto quello che si fa ne' teatri, di tutto quello che nasce dentro e fuori la testa degli uomini, e finché al mondo vi sarà pazzia non mancherà mai materia a' nostri articoli. Preghiamo solo le persone serie d'ogni età, d'ogni sesso, e d'ogni condizione di tenersi per quanto è possibile lontane da noi. Questo foglio è per gli oziosi, e siccome la classe è abbastanza numerosa, faremo benissimo i nostri affari senza impacciarci con altra gente. Di ciò siamo tanto sicuri che volevamo caritatevolmente dividere il lucro della nostra impresa vespertina in azioni di prima e seconda serie, ma questa parola è tanto spaventosa che ci vediamo costretti a ritener per noi soli l'immenso guadagno, che ritrarremo senza dubbio dal nostro giornale, che il cielo benedica.

Storia

Affinché non si possa dire che il nostro foglio non ha neppure un sentore d'utilità daremo in breve ogni giorno un fatto storico avvenuto con la stessa data con cui si pubblica il giornale. Cominciamo da oggi che con buona salute contiamo i 30 di Luglio.
Giacomuzzo Attendolo Sforza è il ceppo dell'illustre casa che figurò tanto in Italia nel XV e XVI secolo, contò sei duchi di Milano e s'imparentò con la maggior parte de' sovrani di Europa. Nacque egli di questo giorno nell'anno 1369 a Cotignola piccola città della Romagna; era figliuolo di un calzolajo e lavorava la terra. Molti dei suoi compagni confortandolo ad arruolarsi, gittò la vanga sur un albero e rispose che se vi rimaneva sopra egli avrebbe prese le armi. La vanga si attaccò ed egli arruolossi. Tosto venne in fama di valoroso e audace, e come egli non ragionava mai d'altro che di rapine, violenze e saccheggiamenti fu soprannominato Sforza, che fu poi il nome della sua famiglia. Passò per tutti i gradi della disciplina militare; sotto Alberico di Barbiano ebbe a compagno d'armi il famoso Braccio. Questi due capitani s'amarono da prima come fratelli; ma o per emulazione o per gelosia la ruppero in breve. Sforza combattè molto tempo per Giovanna II Regina di Napoli che lo nominò contestabile del regno; fu Gonfaloniere di Santa Chiesa, e fatto conte di Cotignola da Giovanni XXII in compenso di quattordicimila ducati che la Chiesa gli doveva. Egli Comandava le armi della Regina di Napoli e andava al soccorso della città d'Aquila stretta d'assedio da Braccio, quando si annegò passando il fiume Aterno, il dì 3 Gennaio 1424, in età di 54 anni.

Varietà

L'amico di tutti

L'amico di tutti è un uomo di mezzana statura, di mediocri natali, di poca forza, e bestia a sufficienza. Egli non si permette d'aver una bella moglie, un bel cavallo, un bel cane, per timore o di piacere, o di dispiacere altrui. Non è né tanto ricco da muover gelosia, né tanto povero d'aver bisogno di nessuno. Non ha né virtù, né vizi, né affezioni né odii, né gusti né disgusti. A tavola non dimanda mai una vivanda gradita, nelle strade dà sempre la diritta, in carrozza va sempre con le spalle a' cavalli, al gioco perde sempre, al teatro non applaudisce né fischia. Saluta tutti o gli rispondano o no, fa servizi a tutti o lo ringrazino o no, adula tutti o lo credano o no. Per lui ogni scempiaggine è un capo d'opera, ogni sciocco un grand'uomo. Non prende mai la parola per un povero oppresso. Rispetta egualmente i buoni e i cattivi, imprende con la stessa freddezza le belle e le inique azioni, tende la mano al ladro e all'uomo onestro. Egli non sente e non vede nulla, non disputa mai, è sempre dell'avviso di tutti. Per lui gloria, onore, amor proprio son parole vane, il suo principio, il suo scopo, la sua unica mira è il viver quieto. Veste male ed ha un'innamorata mostruosa per non aver rivali. E' autore di tragedie fischiate, di versi falsi, di giornali falliti. Ascolta un pedante per un giorno intero senza mai sbadigliare, aspetta in anticamera per tutta una notte senza mai lamentarsi. Corteggia le giovani e le vecchie, le belle e le brutte, le grazioso e le sguajate, ma in maniera che ben si veda che egli non ha altro sentimento che quello d'un profondissimo, disinteressatissimo, inettissimo rispetto vi ringrazie, se lo motteggiate vi sorride, se l'insultate guarda in aria. Quando canta stona, quando balla inciampa, quando schermisce si fa rompere i fioretti nello stomaco. Bigotto coi bigotti, libertino coi libertini, cambia costumi e natura come uno specchio cambia d'immagini. Così tutti lo lodano, tutti lo proteggono, tutti lo menano innanzi superbi di mostrare la loro superiorità, le bello lo encomiano senza paura d'attaccar liti co' loro amanti, ognuno lo adopera per figurare accanto a lui, ed egli serve a tutti di chiaroscuro. Una simile vita di privazioni, di abbiezioni, di viltà non può a tutti convenire, ma è questa la sola maniera di non aver né rivali, né invidiosi, né calunniatori; di essere ammesso e ben accolto dovunque, di essere lodato e stimato da ognuno, è questa la sola regola per esser l'amico di tutti.

Teatri

Jeri sera s'è rappresentata la Pamela Nubile del Goldoni. Vano tornerebbe il parlare d'una delle migliori e più note commedie del teatro italiano. Benché il gusto teatrale sia soggetto a frequenti variazioni pure per l'estrema delicatezza e semplicità de' caratteri, per la bellezza del dialogo, e pel trionfo della morale questa produzione piacerà in tutt'i tempi. Essa fu rappresentata altre volte perfettamente su queste scene, sin dal primo esordire della Compagnia. I conjugi signori Trenti che ne hanno sostenuto ora le due prime parti, lasciati da banda i paragoni sempre odiosi, han piaciuto e sono stati vivamente applauditi, ciò che rende onore del pari al loro zelo e alla giustizia del nostro pubblico.