Mene liberticide

Una proposta presentata in questi giorni al Parlamento da due deputati moderati (Bonghi e Nasi), tendente a restringere ancora di più la libertà di riunione, ha suscitato un grande rumore di protesta nel campo del giornalismo democratico e in quello della pubblica opinione.
Orbene, potrà sembrar strano, ma noi che crediamo di essere, più di tanti altri giornali, apertamente nemici d'ogni idea di limitazione di libertà, non crediamo proprio che sia il caso di far tanto rumore. E il perché ci sembra facile spiegarlo. Lasciando da una parte l'osservazione che, dopo le dichiarazioni dell'antico rivoluzionario barone Nicotera alla Camera in occasione delle interpellanze sui fatti del primo Maggio, era più che naturale che dalla parte più reazionaria della Camera una proposta di questo genere dovesse venire alla luce, quello che noi vogliamo dire si è che, non solo una proposta simile era da aspettarsi, ma che era natuarale, anzi inevitabile. Se non fosse stato oggi sarebbe stato domani, ma la proposta doveva venire, e accompagnata o seguita da altre tendenti ad identico scopo, perché, dinanzi a questo risveglio colossale delle forza operaie, anelanti alla conquista dei propri diritti, a cui oggi il mondo assiste, la borghesia sfruttatrice che sente quelle forze organizzarsi contro di lei, per istinto di conservazione pensa alla propria difesa; e, dominata dall'egoismo, che le impedisce di comprendere come i mezzi repressivi non siano mai stati quelli che abbiano risolto pacificamente le contese sociali, a quelli si attacca come più atti a scongiurare, almeno per il momento, i pericoli da cui si sente minacciata. E' dunque la intera classe borghese che parla per bocca di quei due deputati; lo spirito egoistico borghese che spera, per mezzo di leggi eccezionali, di fermare una corrente di idee che abbraccia ormai e commuove il mondo intero.
Noi sappiamo bene d'altronde che i suoi sforzi sono inutili, che il trionfo della Giustizia, che è oggi dalla parte degli operai, avverrà indubbiamente ad onta di tutti gli sforzi dei conservatori per evitarlo; e sappiamo altresì che le leggi che essi, dominati dalla paura, domandano ai loro governi, o che questi fanno di propria iniziativa, non servono che ad affrettare il trionfo desiderato, perché strappano le ultime bende agl'illusi gettandoli nelle fine dei ribelli.
Ecco perché noi, invece di scalmanarci come tanti fanno, sorridiamo all'ingenuità di questi poveri borghesi, che non comprendono come intorno a loro, e quando essi si credono ancora padroni del mondo, un nuovo ambiente si è formato, una generazione nuova è cresciuta e un'intera società nuova sta per sorgere. Le promesse, le moine, le illusioni, gli inganni con cui essi son riusciti a tenerla finora in soggezione, vanno ogni giorno perdendo di valore dinanzi alle prove dei fatti che li dimostrano nemici della libertà e dei diritti dei lavoratori; quindi è con animo sicuro che noi, senza punto impaurirci delle loro minaccie, possiamo dir loro: Voi stessi siete gli autori della vostra rovina; voi siete i veri sovvertitori della Società, i sobillatori delle plebi. Noi aspettiamo fiduciosi il risultato dell'opera vostra, sicuri di poterne presto approfittare a vantaggio di tutti quegli sfruttati, di tutti quegli oppressi, all'asservimento dei quali tende oggi ogni vostro pensiero, ogni vostro proposito, ogni azione vostra.

La fucilazione di Seghetti

Anche una volta le istituzioni sono salve!
Era necessario un esempio che ne ravvisasse nel popolo la fede, del sangue che ne rassodasse la compagine ... ; e l'esempio fu dato e il sangue fu versato.
L'assassino Seghetti è morto legalmente assassinato. Segnate il giorno tra i fasti e salite al Campidoglio a render grazie agli dei!
Che importa se si è vista la società rispondere al delitto con un delitto, e tanto più atroce quanto più grande è la sproporzione delle forze tra chi lo compie e la vittima, tanto più esecrabile quanto più preparato nel silenzio e nella calma, tanto più riprovevole in quanto è eretto ad istituzione ed usurpa il vanto della moralità?
Che importa se il soldato, che dicono destinato a difesa della patria, è tramutato in carnefice? Se invece del combattimento leale, all'aperto con nemico usurpatore del territorio o delle libertà gli offerite, per educarlo, lo spettacolo del sangue freddamente versato, mille armati contro un inerme? ... Che importa se sei mila donne, fiore gentile dell'itala terra, genitrici di Beccaria e Mancini, chiedevano, implorando, che si risparmiasse lo scempio di un infelice?
Che importa tuttociò se le istituzioni sono salve? ...
L'ordine è venuto da Roma, e fu eseguito nella città di Mazzini. Ah ben altri sono gli esempi che da Roma partivano, quando sull'orizzonte italico si alzò quella splendida stella radiante di epica bellezza e di speranze, che fu la Repubblica del '49.
Allora vegliava ai destini e più all'onore d'Italia la grand'anima di Mazzini; eran tempi torbidi, di agitazioni convulse, l'efficacia dell'esempio più che mai necessaria a reprimere i tristi profanatori della ricuperata libertà... eppure Mazzini non volle che la gloria della nascente repubblica fosse macchiata dal sangue, e ricusò di firmare la sentenza di morte di un soldato prevaricatore esclamando: Qual sangue mi affogherebbe!
Così il triumviro glorioso sentiva il compito educativo dello stato e la missione di civiltà del suo paese!
Ma oggi le son queste ubbie ...
A propagare i lumi della civiltà pensa il governo della monarchia col cambiare il soldato in giustiziere e a educare il popolo pensano i gazzettieri ufficiosi che, a tanto la linea, cantano colle lodi dei padroni l'esequi dell'onore italiano.
Oh! mandateli almeno essi, codesti pennaiuoli, a fare il boia; crescerebbero, forse, col nuovo mestiere, in riputazione.

Democrazia

L'Ideale democratico, con lo svolgersi della coscienza popolare e col progredire della civiltà, si viene integrando.
La parola Democrazia, che servì dapprima a designare un partito politico, ora esprime tutto il contenuto di un nuovo assetto della società, tutta una nuova organizzazione sociale.
Tutte le istituzioni sociali si tengono per strettissime fila, sono solidarie, omogenee. Dato un certo grado di incivilimento tutte le istituzioni sociali debbono informarvisi: la forma di politico reggimento, l'assetto economico, la proprietà, la famiglia, la religione, le idee morali, tutto ad esso si conforma, tutto esso si atteggia; talché, come dalla conformazione scheletrica di un animale rivenuto negli strati terrestri si può arguire il periodo geologico in cui esso ha vissuto, così una sola istituzione o politica, o economica, o religioso o morale ci rivela l'epoca di sua esistenza e tutta l'organizzazione sociale di cui fece parte.
Gli organismi sociali, come gli animali, non possono vivere se non a patto di adattarsi all'ambiente.
E controverso quale ordine di fenomeni nella evoluzione sociale sia prevalente; così Marx, il nostro Loria e tutti i socialisti ritengono che l'organizzazione economica sia come il substrato su cui si modellano, mentre Mazzini sembra dare la prevalenza al fenomeno religioso e morale. Tutti sono concordi però nel ritenere che un dato ordine di relazioni, di istituzioni sociali non si possa mutare durevolmente senza che ne segua un armonico sviluppo delle altre parti dell'organismo della società.
Or la parola Democrazia designa appunto una organizzazione sociale, in cui tutti gli istituti, tutte le idee, tutte le opinioni, tutti i principi prenderanno un particolare atteggiamento.
Dopo l'asservimento completo dell'uomo all'uomo (schiavitù), dopo lo stato di semi-asservimento (feudalismo), dopo l'affermazione teorica della libertà accompagnata da effettuale sfruttamento dell'uomo (capitalismo), deve venire l'attuazione effettiva della libertà dell'uomo col conseguente completo sviluppo di tutte le sue facoltà (democrazia).
Sarebbe ben povera cosa la Democrazia si non significasse che uno dei tanti partiti che si disputano in un dato momento il governo della cosa pubblica.
Questa concezione integrale della Democrazia è anch'essa opera del tempo e del progresso degli studi e si è formata assommando ed unificando le particolari concezioni frammentarie.
Nei popoli latini la Democrazia fu per lungo intesa prevalentemente come partecipazione di tutti al governo; nei popoli anglosassoni come sviluppo della libertà poltica; nei germanici come emancipazione economica.
Ora le diverse tendenze si sono venute fondendo e componendo a unità; ed è attualmente così sentita questa necessità di unificare, che uno degl'intelletti più colti della Democrazia, B. Malon, ha scritto un libro dal titolo - Socialismo Integrale - in cui con cuore di umanitario e acume di filosofo dimostra quali condizioni, nella nuova organizzazione democratica della società che si viene elaborando, saranno fatte a tutte li istituzioni sociali.
Questo concetto integrale ed organico della Democrazia non è solo interessante sotto il rispetto scientifico, ma anche - e principalmente - sotto il rispetto pratico, perché gitta fasci di luce su molte questioni di assai ardua soluzione e ci serve di guida nel rintracciare il vero attraverso il labirinto di qualla anarchia morale e intellettuale che affligge la società dei nostri giorni.
Così molte utopie, che paiono nobili propositi di uomini studiosi del pubblico bene, dileguano come sogni di menti malate.
Le classi dominanti, che paventano nell'avanzarsi delle nuove idee democratiche la fine dei loro privilegi, cercano di arrestare il fiume qui coule à pleins bords coll'adottare l'uno o l'altro punto del programma democratico.
La tattica è vecchia e per quanto abusata non ha cessato di creare illusioni che importa dissipare. Il programma democratico è un tutto armonico che deve attuarsi integralmente: attuarne una parte mentre perdurano gli elementi antagonici di un'altra organizzazione sociale, è impresa di Sisifo.
Il liberalismo del papa, il suffragio universale dei Napoleonidi, il socialismo imperiale e cattolico, il principato democratico di fronte a questa concezione della Democrazia pigliano le proporzioni che loro sono proprie; diventano trastulli di menti illuse, e, più spesso, colpevoli artifici di gente interessata a mantenere lo status quo. I fautori di queste utopie o sono ingannati o ingannatori. Non si può trasportare una istituzione fuori dell'mbiente che le è proprio; svolgere la libertà col principato, attuare il socialismo sotto il patronato d'un imperatore o d'un papa è così possibile come crescere una pianta dell'equatore alla zona glaciale.
Di alcune di queste utopie la storia ha già fatto giustizia; il papato liberale, dopo l'episodio epico, e per lui disastroso, della repubblica del 49, ha avuto la sua conclusione nella breccia di Porta Pia; il Napoleonismo si è coperto d'onta a Sédan; il socialismo imperiale di Rodbertus è una quantità trascurabile di fronte al dilagare del socialismo democratico di Marx e Lassalle.
Né sorte diversa è riserbata alle altre utopie del socialismo cattolico, e del principato democratico e a qualunque altra la conscia paura dei conservatori sapesse inventare.
La fiumana irresistibilmente irrompente della Democrazia le travolgerà tutte.
Tito Vezio

A proposito di educazione

I nemici delle innovazioni e dei tentativi di morale progresso dicono che le scuole odierne non giungono allo scopo e che, per esse, la moralità invece d'andare avanti va indietro. Quest'ardita affermazione è la conseguenza d'un inesatto apprezzamento, d'un falso punto di vista, poiché si crede in generale e s'insinua che la scuola debba fare miracoli e trasofrmare in creature perfette i fanciulli, i giovani che la frequentano. Ma la scuola, per quanto bene sia diretta e per quanto sia virtuoso ed esemplare l'insegnante, non può fare le prodigiose trasformazioni cui si accenna; ché la scuola sente l'ambiente in cui essai si trova, e non può essere considerata che come succursale della famiglia, la quale à per natura, il diritto e il dovere di educare i suoi piccini.
L'influenza della scuola in materia di educazione morale vera, non è molto estesa né molto attiva; però non manca di attendere a quella funzione educativa, che sarebbe propria del padre; solo che essa non vi può attendere, che colle massime, coi precetti, colle regole.
Il fanciullo certo da queste trae impressioni e guida, ma in modo molto relativo, ché la scuola non dura che poche ore, e solo in cinque giorni della settimana, per cui il fanciullo, vivendo nella famiglia e in questa passando quasi tutto il tempo suo, piglia nella famiglia stessa il sentimento morale della vita. Gli è adunque nella famiglia e non fuori che si forma, e s'à a formare il carattere morale del fanciullo.
L'educazione, come ben disse Cattaneo, dipende sostanzialmente dal complesso delle relazioni sociali, dall'indirizzo dei tempi, dalla qualità dei costumi dominanti, e perciò volendosi dare ai giovani una buona eduzione è necessità preparare ad essi un ambiente comodo di serenità, di virtù, di moralità. E qui comincia l'opera, non dei maestri o dei genitori, bensì delle classi dirigenti, di coloro che possono, della società intera.
E infatti: una famiglia povera, vive generalmente in una stanza sola, dove tutti dormono in un medesimo letto o in un giaciglio comune. La fame stuzzia genitori e figli; indi urli, bestemmie, percosse. All'intorno cenci, puzzo, sozzura. I figli non si lavano, perché manca il panno per asciugarli. Il figlio maggiore che va alla scuola, ritornando in questo fetido ambiente, dimentica i buoni precetti e subisce senz'altro le tristi impressioni del luogo dove la sfortuna l'ha collocato, spesso la camera è divisa per due famiglie da un semplice riparo di carta o di legno e allora confusione di sangue e di vizi, mescolanza di fiati e di odori, degenerazione di razza. I bimbi che trovansi in tali bolgie, anche andando a scuola, qual bene da essa possono ricavare?
Questi sono i casi normali delle famiglie percosse dalla mancanza di lavoro, ma di retto animo, d'indole buona; ma poi ci sono le altre famiglie povere che ànno il padre in carcere, la madre, serva in casa innominabile, la zia batte la strada pubblica ecc. Su figli di questa gente, quale azione morale può esercitare la scuola? Si ànno da aggiungere le famiglie diseredate, percosse dalla sventura: il padre sepolto sotto una frana, la madre ammalata all'ospedale, i figli alla balia della strada e soli tutelati dalla pietà dei vicini che appartengono essi stessi a misera classe. Da questi fanciulli così vaganti alla ventura, non si può certo aspettare finezza di educazione, né la scuola per essei può fare alcun che.
Ma chi può far tutto è il potere delle classi dirigenti.

Il comune nella sociologia mazziniana

Ogni società in genere comprende due elementi: lo Stato e l'Individuo. Sono come i due poli dell'organizzazione sociale. Il giusto ed equo rapporto fra lo stato e l'individuo costituisce la libertà e l'ordine. Nelle società moderne è penetrato un altro elemento, il comune. La scienza politica ha quindi per oggetto di ben definire i diritti dello Stato, i diritti del Comune, i diritti dell'Individuo.
Vi è una scuola di pubblicisti che assorbe il comune e l'individuo nello Stato: è il comunismo. Vi è un'altra scuola che cerca sopprimere lo Stato a profitto dell'iniziativa individuale: è l'individualismo. Vi è infine una terza scuola che sopprime lo Stato a profitto del comune e la chiameremo scuola della decentralizzazione o autonomismo comunalista.
Fra queste tre scuole principali che si contendono l'indirizzo della società sta il mazzinianismo. Esso armonizza in una vasta sintesi sociale nuovissima i tre elementi fondamentali della società: Stato, comune, individuo, e trova la sua esplicazione ideale nella formula mazziniana: Libertà e Associazione.
Difatti secondo il Maestro, in un buono ordinamento dello Stato, la Nazione rappresenta l'Associazione, il Comune la Libertà, perché secondo la sociologia mazziniana Nazione e Comune, costituiscono i due elementi naturali in un popolo, le sole due manifestazioni della vita generale e locale, che abbiano radice indistruttibile nell'essenza delle cose.
"Il Comune, scrivere Mazzini, forma cittadini alla Patria; la Patria un popolo all'Umanità."
E aggiunge con un paragone fisiologico: "Come il sangue sospinto al core, è respinto, purificato alle vene, la Metropoli raccoglie in sé gli indizi e i germi di progresso che le affluiscono dal paese e v'attempera, dando ad essi sviluppo e definizione, il concetto collettivo che rimanda autorevolmente al paese."
Nel suo lungo e indefesso apostolato armato unitario e repubblicano contro i nemici interni ed esterni della patria, Mazzini non perdè mai di vista il comune, associazione destinata a rappresentare, quasi in miniatura, lo Stato; oggi servo del governo centrale, che con il suo sviluppo mastodontico a scapito della libertà locale, paralizza ed atrofizza le membra della Nazione; domani in un migliore ordinamento politico ed amministrativo dello Stato, libero centro di educazione civica e di progresso.
All'accusa di giacobinismo, di accentrazione mossagli dai federalisti Mazzini rispondeva:
"Nessuno tra noi confonde in oggi il concentramento napoleonico amministrativo coll'unità politica; nessuno vorrebbe che i diritti e gli interessi locali schiacciati da una onnipotente, onnipresente iniziativa centrale. La forza, l'educazione, il progresso della Nazione in aiuto e tutela delle ispirazioni di ogni libero comune: è questo il problema che noi tutti cercheremo di sciogliere." (Scritti vol. 9. pag. 209 e segg.).
Io non posso a lungo intrattenermi sulla missione del comune in una Nazione ordinata a libertà, secondo i principii di Mazzini, perché mi manca lo spazio.
Sintetizzerò con le parole di Aurelio Saffi, l'interprete più autorevole del pensiero politico e sociale del Maestro gli elementi fondamentali della Sociologia mazziniana:
1. L'autonomia o la proprietà di sé stesso dell'uomo-individuo, la quale, per le applicazioni delle sue facoltà al mondo esteriore, diviene proprietà delle cose, ch'egli trasforma e rende utili col suo lavoro ai bisogni della vita;
2. la famiglia, prima fonte dell'umana socievolezza e della continuità dell'umano progresso;
3. i naturali organismi sociali determinati dai rapporti di origine, di vicinato, di mutui bisogni e interessi, di lingua, di ricordi di attitudini e sentimenti indigeni, che chiamiamo Città, Comune, Nazione: ogni grado infine di spontanea e civile associazione della grande lavorerìa dell'Umanità.
Machiavelli soleva dire che a risanare la vita di un popolo è necessario ritrarla verso i suoi principii.
A risanare la vita italiana intisichita e adulterata da un governo ignaro dei nuovi tempi e dei nuovi destini d'Italia è necessario ritrarla verso i principii di Giuseppe Mazzini.
Francesco Mormina Penna