Punti di interesse turistico della regione Lazio

CategoriaPOI_InteresseCulturale
TitoloMacchina di Santa Rosa
Indirizzo01100 Lazio Vt 60 Via San Pellegrino via
Plus codes8FJJC2RX+JH
Periodosec. XIII (1200-1299 d.C.)
DescrizioneLa Macchina di Santa Rosa è un’imponente torre realizzata in materiali leggeri, illuminata da fiaccole e luci elettriche, alta circa trenta metri e pesante cinque tonnellate, che la sera del 3 settembre, in occasione della festa della Santa, viene sollevata e portata a spalla da un centinaio di robusti uomini detti Facchini, lungo un percorso di poco più di un chilometro che parte dalla Piazza San Sisto, nei pressi di Porta Romana e tocca le cinque piazze rappresentative della città: Piazza Fontana Grande, Piazza del Plebiscito di fronte al Comune, Piazza delle Erbe, Corso Italia davanti alla Chiesa del Suffragio, Piazza Verdi o del Teatro.La tradizione del Trasporto della Macchina ebbe inizio il 4 settembre del 1258, data in cui, per volontà di papa Alessandro IV, il corpo intatto della Santa venne traslato dalla Chiesa di Santa Maria del Poggio al Monastero delle Clarisse che da quel momento assunse il nome della Santa nota tra i viterbesi anche come la “Santa Bambina” perché morta nel 1251 a soli 18 anni. Negli anni il baldacchino utilizzato per la traslazione venne arricchito da strutture artistiche aggiuntive ed elevato in altezza.La scarsità di notizie disponibili sulla storia della Macchina di Santa Rosa fin verso la fine del XVII sec. ha favorito il diffondersi di storie e leggende più o meno errate sull'origine della manifestazione. Le prime informazioni attendibili che si hanno risalgono alla fine del '600: le cronache dell’epoca ricordano e descrivono la processione del 27 ottobre 1686. Il trasporto della Macchina, reso difficoltoso dal notevole peso dell’imponente costruzione, sfiorò spesso la tragedia tanto che nel 1801 Papa Pio VII vietò la cerimonia fino all'anno 1810.In epoche più recenti grazie a metodi di costruzione che ne alleggeriscono il peso ed a sempre maggiori misure di sicurezza non si sono più avuti incidenti e questo ha permesso agli spettatori di godere della bellezza delle macchine che secondo la tradizione vengono realizzate ogni 5 anni.All’aspetto di campanile gotico, illuminato con torce e candele del passato, a partire dalla seconda metà del Novecento si è scelto di dare alla Macchina forme più moderne e avveniristiche, impiegando materiali tecnologici, fibre, leghe leggere, e sorgenti luminose di vario genere. La macchina che ha simboleggiato questo mutamento estetico si chiamava Volo D’Angeli e fu costruita da Giuseppe Zucchi.Nel 2003 l’architetto Raffaele Ascenzi e il costruttore Contaldo Cesarini hanno ideato e realizzato la macchina Ali di Luce (in uso fino al 2008) che riportava incisa la frase latina “non metuens verbum leo sum qui signo viterbum”, utilizzata per la prima volta nel 1225 in sigillo della città, che significa “non temo minaccia, sono il leone che rappresenta Viterbo” e l’acronimo FAVL, che sta per ‘Fanum Arbanum Vetulonia Longula’, ossia le quattro città etrusche dalla cui unione, secondo la leggenda, sarebbe nata la città.I modellini in scala delle macchine utilizzate dal 1924 al 1955 sono esposti presso il Museo della Macchina di Santa Rosa, in via San Pellegrino, 60 a Viterbo, dove è stata allestita una sala multimediale per visualizzare i video delle cerimonie, le foto e altro materiale documentario. Invece parti della macchina Ali di luce è in parte conservata presso il Museo nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma.

Fonte dei dati: Filas | Distretto Tecnologico della Cultura - futouring.eu
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