Punti di interesse turistico della regione Lazio

CategoriaVilla
TitoloThe first ledge - Gardens of Farnese Palace, Caprarola
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Periodo1584-1620
DescrizioneIl “primo ripiano” del Giardino Grande è frutto degli interventi eseguiti su progetto di Giacomo del Duca tra il 1584 e il 1588: l’area fu spianata e delimitata da due muri-pareti di spalla a contenimento laterale del terreno in pendenza, rivestiti da specchiature di mosaico rustico di pietre; all’estremità in alto i muri sono conclusi da una specchiatura minore con nicchia (forse un tempo ospitante una statua) addossata a una specchiatura maggiore con un riquadro con un ovale incassato, sormontato da volute ed elementi decorativi, palle e giglio Farnese; all’attacco in basso dei muri sono due piedistalli sormontati da gigli farnesiani, occultati da più ampi basamenti, recanti in basso mascheroni in peperino che buttano acqua in piccole vasche sottostanti, su cui poggiano a sinistra il busto allegorico in peperino dell’“Austerità”, identificabile dal simbolo del mazzo di carciofi che stringe nella mano destra, a destra quello del “Silenzio”, con l’indice destro sulle labbra: queste sculture furono infatti spostate dalla collocazione originaria (probabilmente il muro del “secondo ripiano”) e qui posizionate durante l’intervento condotto da Girolamo Rainaldi nel 1620. All’architetto romano si deve probabilmente anche la rotonda “peschiera” centrale, formata da una grande vasca bassa, con al centro un giglio che getta uno zampillo e 8 vasi perimetrali sul bordo, dalla quale, attraverso la bocca di un mascherone, l’acqua ricade dentro una vasca più bassa: l’immagine attuale, frutto di ripristino ottocentesco, è tuttavia ben diversa da quella attestata da un inventario del 1626, dove la “peschiera” è descritta come “una fontana longa et profonda et fonda con diversi condotti et 8 vasi di peperino in ciascun de quali è una fontana et un mascarone sotto & in mezzo una statua d’Iside ignuda di marmo sopra un vaso di calce impolverati”. Al Rainaldi vanno infine assegnati anche i due portici, o “padiglioni”, laterali che inquadrano, come propilei, la prospettiva superiore: essi non compaiono nei documenti iconografici del ‘500 e alcune caratteristiche stilistiche sono riconducibili all’architettura del primo Barocco: sembra comunque probabile che le due strutture abbiano chiuso i terminali dei muri-pareti laterali progettati da del Duca che dovevano ripiegare in dentro ricollegandosi ai superiori muri-pareti che fiancheggiano la “catena d’acqua”. All’interno, seppure con maggiore varietà e ricchezza di materiali, i portici ripropongono l’ornamentazione rustica della pareti: quattro arcate, di cui due d’accesso, sostengono una volta suddivisa in settori dove campeggiano i gigli farnesiani, mentre nei peducci sono affissi stemmi ducali Farnese (alcuni policromi), a conferma che l’intervento fu promosso dal cardinale Odoardo nel 1620, essendo questi soltanto usufruttuario del palazzo di Caprarola, lasciato dal prozio Alessandro in eredità al duca di Parma; nelle pareti di fondo sono due fontane rustiche a nicchia decorate con tartari e scogliere a stalattite da dove ricade l’acqua, e in basso due vaschette a conchiglia che ricevono acqua da due mascheroni; i pilastri d’imposta della volta hanno delle nicchie decorate nel catino da conchiglie (alcune policrome) sormontate da tondi che contengono emblemi farnesiani: il fulmine trisulco, Pegaso che esce dal sole e con le zampe percuote il monte Parnaso facendone scaturire un fiume, la freccia conficcata al centro di un bersaglio e il “giglio di giustizia”. I pavimenti, a mosaico di cittoli di fiume in bicromia con raffigurazioni di gigli farnesiani, nascondono zampilli d’acqua (“pioggette”) che schizzavano i malaccorti visitatori.

Fonte dei dati: Filas | Distretto Tecnologico della Cultura - futouring.eu
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