Legge Ordinaria n. 254 del 16/07/1997 G.U. n. 181 del 5 Agosto 1997
Delega al Governo per l' istituzione del giudice unico di primo grado
  La  Camera  dei  deputati  ed  il  Senato  della  Repubblica  hanno
approvato;
                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
                              Promulga
la seguente legge:
                               Art. 1.

  1.  Il Governo e' delegato ad emanare, entro sei mesi dalla data di
entrata   in   vigore  della  presente  legge,  uno  o  piu'  decreti
legislativi  per  realizzare  una  piu' razionale distribuzione delle
competenze  degli  uffici  giudiziari,  con l'osservanza dei seguenti
principi e criteri direttivi:
    a)  ristrutturare gli uffici giudiziari di primo grado secondo il
modello del giudice unico;
    b) sopprimere l'ufficio del pretore, trasferendo le competenze di
tale giudice al tribunale;
    c)  stabilire che, nel settore penale, salve la composizione e le
attribuzioni   della   corte   d'assise,   il  tribunale  giudica  in
composizione collegiale, con il numero invariabile di tre componenti,
sull'applicazione  di misure di prevenzione personali e reali nonche'
sui seguenti reati:
      1)  i  delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a),
del codice di procedura penale;
      2)  i  delitti previsti dagli articoli 644 e 648-bis del codice
penale e 2621 del codice civile;
      3)  ogni  delitto punito con la pena della reclusione superiore
nel massimo a venti anni;
      4) i delitti consumati o tentati previsti dal capo I del titolo
II del libro II del codice penale, esclusi quelli di cui all'articolo
329, al primo comma dell'articolo 331 e agli articoli 332, 334 e 335;
      5)  i  delitti  di  cui  agli articoli 216, 222 e 223 del regio
decreto 16 marzo 1942, n. 267;
      6)  i  delitti  previsti  dalla  legge  20 giugno 1952, n. 645;
dall'articolo 2 della legge 25 gennaio 1982, n. 17; dall'articolo 29,
secondo  comma, della legge 13 settembre 1982, n. 646; dagli articoli
6   e   11   della  legge  costituzionale  16  gennaio  1989,  n.  1;
dall'articolo  6,  commi  3 e 4, del decreto-legge 26 aprile 1993, n.
122,  convertito,  con  modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n.
205;
      7)  altre  eventuali  fattispecie caratterizzate da particolare
allarme sociale o rilevanti difficolta' di accertamento;
    d)  stabilire che per tutti i restanti reati il tribunale giudica
in composizione monocratica;
    e) stabilire che, nelle materie nelle quali il tribunale opera in
composizione  collegiale,  si  osservano le norme processuali vigenti
per  il  procedimento  innanzi  al  tribunale,  mentre nelle restanti
materie si osservano le norme processuali vigenti per il procedimento
innanzi al pretore;
    f)  stabilire  che  l'attribuzione  degli  affari  al  giudice in
composizione collegiale o monocratica non si considera attinente alla
capacita'  del  giudice  ne'  al  numero  dei  giudici necessario per
costituire l'organo giudicante;
    g)  stabilire  che, nella materia penale, le parti hanno facolta'
di   chiedere,   e   il   giudice  di  disporre,  l'attribuzione  del
procedimento   alla  composizione  ritenuta  corretta  non  oltre  la
conclusione  dell'udienza preliminare e, ove questa manchi, non oltre
il compimento delle formalita' di apertura del dibattimento;
    h)  prevedere  che  il  giudice  per  le indagini preliminari sia
diverso   dal   giudice   dell'udienza   preliminare,  apportando  le
necessarie    modifiche   alle   disposizioni   dell'articolo   7-ter
dell'ordinamento  giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio
1941, n. 12, e successive modificazioni;
    i)  sopprimere  le  attuali  sezioni distaccate presso le preture
circondariali,   istituendo   ove   occorra   sezioni  distaccate  di
tribunale,  per  la  trattazione  di procedimenti in cui il tribunale
giudica  in  composizione  monocratica,  secondo criteri oggettivi ed
omogenei  che  tengano  conto  della  estensione del territorio e del
numero   di   abitanti,   difficolta'   di  collegamenti,  indice  di
contenzioso sia civile che penale;
    l)  al  solo fine di decongestionare i tribunali di Milano, Roma,
Napoli  e Palermo, istituire nei relativi circondari nuovi tribunali,
in  sostituzione  di  sezioni  distaccate, con eventuali accorpamenti
anche  di  territori  limitrofi non facenti originariamente parte del
territorio delle suddette sezioni;
    m)   sopprimere   l'ufficio   della   procura   della  Repubblica
circondariale,   trasferendone   le   funzioni   alla  procura  della
Repubblica presso il tribunale;
    n)  stabilire  che,  nel  settore civile, il tribunale giudica in
composizione collegiale, con il numero invariabile di tre componenti,
per  le  controversie previste nei numeri 2), 3), 4), 5), 6), 7) e 9)
del  secondo  comma  dell'articolo  48  dell'ordinamento giudiziario,
approvato  con  regio  decreto 30 gennaio 1941, n. 12, limitatamente,
per  il  predetto  numero  7),  ai giudizi di responsabilita' in esso
previsti;  individuare,  tenuto  conto  della  oggettiva complessita'
giuridica  delle  materie  e  della  rilevanza economicosociale delle
controversie,   gli  altri  casi  in  cui  il  tribunale  giudica  in
composizione  collegiale;  stabilire  che, per il resto, il tribunale
giudica in composizione monocratica;
    o)   trasferire  alle  amministrazioni  interessate  le  funzioni
amministrative   attualmente   affidate   al  pretore,  se  prive  di
collegamento  con  l'esercizio  della  giurisdizione;  attribuire  al
tribunale  in  composizione  monocratica  le  funzioni amministrative
attualmente  di  competenza del pretore, se collegate con l'esercizio
della giurisdizione;
    p)  prevedere  che,  fermo il disposto dell'articolo 341, secondo
comma, del codice di procedura civile, l'appello nelle materie civili
nelle  quali  e'  competente  il  tribunale  sia  devoluto alla corte
d'appello,  ovvero  ad  apposite  sezioni  specializzate  della corte
d'appello   allorche'   in   primo   grado   siano  previste  sezioni
specializzate;
    q)  escludere  che  la  ridistribuzione  degli  uffici giudiziari
comporti oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato;
    r)   stabilire   che   le   disposizioni  contenute  nei  decreti
legislativi  di cui al presente articolo abbiano efficacia centoventi
giorni dopo la loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  2.  Il  Governo  e' delegato ad emanare, entro lo stesso termine di
cui   al   comma  1,  le  norme  necessarie  al  coordinamento  delle
disposizioni  dei  decreti legislativi con tutte le altre leggi dello
Stato  e  la  disciplina  transitoria rivolta ad assicurare la rapida
trattazione  dei  procedimenti pendenti, civili e penali, fissando le
fasi  oltre  le  quali  i  procedimenti  non passano ad altro ufficio
secondo  le  nuove  regole  di  competenza  e  stabilendo le relative
condizioni.
  3.  Gli  schemi  dei  decreti  legislativi sono trasmessi al Senato
della  Repubblica  e  alla  Camera dei deputati, perche' sia espresso
dalle  competenti  Commissioni permanenti un motivato parere entro il
termine  di quaranta giorni dalla data della trasmissione, decorso il
quale i decreti sono emanati anche in mancanza del parere.
  4.  Entro  due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei
decreti  legislativi, il Governo puo' emanare disposizioni correttive
nel  rispetto dei criteri di cui al comma 1 e con la procedura di cui
al comma 3.
  La  presente  legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita
nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
   Data a Roma, addi' 16 luglio 1997
                              SCALFARO
                         Prodi, Presidente del Consiglio dei Ministri
                                Flick, Ministro di grazia e giustizia
Visto, il Guardasigilli: Flick
 
           Note all'art. 1:
            - Il testo  vigente dell'art. 407, comma 2, lettera   a),
          del codice di procedura penale, e' il seguente:
            "Art.  407  (Termini  di  durata  massima  delle indagini
          preliminari). - 1. (Omissis).
            2.  La durata  massima  e'  tuttavia di  due  anni  se le
          indagini preliminari riguardano:
               a) i delitti appresso indicati:
            1) delitti di cui agli articoli  285, 286, 416-bis e  422
          del codice penale;
            2)  delitti consumati o tentati di cui agli articoli 575,
          628, terzo comma, 629, secondo comma, e  630  dello  stesso
          codice penale.
            3) delitti commesi avvalendosi  delle condizioni previste
          dall'art.    416-bis del  codice penale  ovvero al  fine di
          agevolare l'attivita'  delle  associazioni  previste  dallo
          stesso articolo;
            4)   delitti commessi  per finalita'  di terrorismo  o di
          eversione dell'ordinamento costituzionale  per i  quali  la
          legge    stabilisce la pena della  reclusione non inferiore
          nel  minimo a cinque anni  o nel massimo a dieci anni;
            5)   delitti di   illegale fabbricazione,    introduzione
          nello    Stato, messa in   vendita, cessione, detenzione  e
          porto in luogo  pubblico o aperto al pubblico di   armi  da
          guerra  o  tipo guerra   o parti di esse, di  esplosivi, di
          armi clandestine  nonche' di  piu' armi   comuni  da  sparo
          escluse  quelle   previste dall'art. 2, comma  terzo, della
          legge 18 aprile 1975, n. 110;
            6)  delitti di   cui agli   articoli 73,    limitatamente
          alle   ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 80, comma  2, e
          74  del  testo  unico  delle  leggi    in    materia     di
          disciplina   degli   stupefacenti   e  sostanze psicotrope,
          prevenzione, cura e  riabilitazione dei relativi  stati  di
          tossicodipendenza,     approvato      con    decreto    del
          Presidente   della Repubblica 9 ottobre  1990,  n.  309,  e
          successive modificazioni;
            7) delitto di cui all'art. 416 del codice penale nei casi
          in cui e' obbligatorio l'arresto in flagranza".
            -  Il testo vigente dell'art. 644 del codice penale e' il
          seguente:
            "Art. 644 (Usura). - Chiunque, fuori  dei  casi  previsti
          dall'art.  3,  si  fa  dare o promettere, sotto   qualsiasi
          forma, per se' o  per  altri,  in  corrispettivo    di  una
          prestazione    di  denaro o di  altra utilita', interessi o
          altri vantaggi usurari,  e' punito con la    reclusione  da
          uno  a   sei anni   e con  la multa da  lire sei  milioni a
          lire trenta milioni.
            Alla  stessa pena  soggiace chi,   fuori   del caso    di
          concorso   nel delitto  previsto dal  primo comma,  procura
          a taluno  una somma  di denaro od  altra  utilita'  facendo
          dare  o promettere, a se' o ad altri, per la mediazione, un
          compenso usurario.
            La  legge    stabilisce  il   limite oltre il   quale gli
          interessi sono sempre  usurari.   Sono   altresi'   usurari
          gli   interessi,  anche  se inferiori a tale  limite, e gli
          altri  vantaggi  o    compensi  che,  avuto  riguardo  alle
          concrete modalita' del fatto e al tasso medio praticato per
          operazioni    similari, risultano comunque   sproporzionati
          rispetto alla prestazione di  denaro o di  altra  utilita',
          ovvero  all'opera  di  mediazione, quando chi  li ha dati o
          promessi si  trova in condizioni di difficolta' economica o
          finanziaria.
            Per  la determinazione  del tasso  di interesse  usurario
          si   tiene conto    delle  commissioni,    remunerazioni  a
          qualsiasi titolo  e delle spese, escluse quelle per imposte
          e tasse, collegate alla erogazione del credito.
            Le pene per i fatti di cui  al primo e secondo comma sono
          aumentate da un terzo alla meta':
            1)   se  il  colpevole  ha agito  nell'esercizio  di  una
          attivita'  professionale,  bancaria  o  di  intermediazione
          finanziaria mobiliare;
            2)   se   il   colpevole   ha     richiesto  in  garanzia
          partecipazioni o quote societarie o aziendali o  proprieta'
          immobiliari;
            3) se  il reato e' commesso  in danno di  chi si trova in
          stato di bisogno;
            4)   se il  reato  e' commesso  in danno  (di  chi svolge
          attivita' imprenditoriale, professionale o artigianale);
            5) se il reato e'   commesso da  persona  sottoposta  con
          provvedimento  definitivo    alla  misura    di prevenzione
          della sorveglianza  speciale durante il   periodo  previsto
          di   applicazione e  fino a tre  anni dal momento in cui e'
          cessata l'esecuzione.
            Nel caso di condanna, o di  applicazione di pena ai sensi
          dell'art.  444 del  codice di procedura   penale,  per  uno
          dei  delitti  di    cui al presente   articolo,   e' sempre
          ordinata  la  confisca dei  beni  che costituiscono  prezzo
          o  profitto del   reato ovvero di somme di denaro, beni  ed
          utilita'  di  cui  il reo   ha   la   disponibilita'  anche
          per  interposta  persona    per un importo   pari al valore
          degli   interessi o degli   altri   vantaggi  o    compensi
          usurari,    salvi  i   diritti   della persona   offesa dal
          reato alle  restituzioni e  al risarcimento  dei danni".
            -  Il testo   vigente   dell'art.   648-bis del    codice
          penale e'  il seguente:
            "Art.    648-bis (Riciclaggio).   -   Fuori dei  casi  di
          concorso  nel reato,  chiunque  sostituisce  o  trasferisce
          denaro,  beni  o  altre utilita'  provenienti  da   delitto
          non   colposo,   ovvero   compie   in relazione    ad  essi
          altre    operazioni,      in    modo      da     ostacolare
          l'identificazione  della  loro  provenienza  delittuosa, e'
          punito con la reclusione  da quattro  a dodici  anni  e con
          la multa  da lire  due milioni a lire trenta milioni.
            La pena  e'  aumentata  quando    il  fatto  e'  commesso
          nell'esercizio di una attivita' professionale.
            La    pena  e'   diminuita se   il denaro,   i beni  o le
          altre utilita' provengono  da  delitto per  il   quale   e'
          stabilita  la  pena  della reclusione inferiore nel massimo
          a cinque anni.
             Si applica l'ultimo comma dell'art. 648".
            - Il testo vigente dell'art. 2621 del codice civile e' il
          seguente:
            "Art. 2621 (False comunicazioni ed illegale  ripartizione
          di  utili  o  di acconti   sui dividendi).  - Salvo che  il
          fatto  costituisca reato piu' grave,  sono  puniti  con  la
          reclusione  da uno a cinque anni e con la multa da lire due
          milioni a venti milioni:
            1) i  promotori i soci  fondatori, gli amministratori,  i
          direttori  generali, i   sindaci e  i liquidatori, i  quali
          nelle  relazioni, nei bilanci o  in  altre    comunicazioni
          sociali,  fraudolentemente  espongono fatti non rispondenti
          al vero sulla costituzione  o sulle  condizioni  economiche
          della  societa'   o nascondono  in tutto  o in  parte fatti
          concernenti le condizioni medesime;
            2) gli  amministratori e i   direttori generali  che,  in
          mancanza  di bilancio approvato o in difformita' da  esso o
          in base  ad  un  bilancio  falso,  sotto  qualunque  forma,
          riscuotono  o pagano utili fittizi o che non possono essere
          distribuiti;
            3)  gli amministratori   e i   direttori  generali    che
          distribuiscono acconti sui dividendi:
                a) in violazione dell'art. 2433-bis, primo comma;
            b)  ovvero  in misura  superiore all'importo degli  utili
          conseguiti  dalla  chiusura    dell'esercizio   precedente,
          diminuito  delle    quote  che  devono essere destinate   a
          riserva per obbligo legale  o statutario e delle    perdite
          degli    esercizi  precedenti   e aumentato   delle riserve
          disponibili;
            c) ovvero   in mancanza di  approvazione    del  bilancio
          dell'esercizio  precedente    o  del    prospetto contabile
          previsto nell'art.    2433-bis,  quinto  comma,  oppure  in
          difformita' da  essi, ovvero sulla base di un bilancio o di
          un prospetto contabile falsi".
            - Il capo I del titolo II  del libro II del codice penale
          riguarda:   "Dei    delitti    dei   pubblici     ufficiali
          contro   la   pubblica amministrazione".
            - Il testo vigente degli articoli 329, 331, comma 1, 332,
          334 e 335 del codice penale e' il seguente:
            "Art. 329 (Rifiuto o ritardo  di obbedienza  commesso  da
          un  militare  o  da  un agente della forza  pubblica). - Il
          militare o l'agente della forza pubblica, il quale  rifiuta
          o  ritarda  indebitamente  di  eseguire  una      richiesta
          fattagli     dall'autorita'   competente     nelle    forme
          stabilite  dalla  legge, e' punito con la reclusione fino a
          due anni".
            "Art.  331 (Interruzione  di  un servizio  pubblico  o di
          pubblica necessita').   - Chi,   esercitando  imprese    di
          servizi    pubblici o  di pubblica necessita' interrompe il
          servizio, ovvero sospende il lavoro nei  suoi stabilimenti,
          uffici  o  aziende, in  modo   da turbare   la  regolarita'
          del  servizio,   e' punito con la reclusione da  sei mesi a
          un anno e con la multa non inferiore a lire un milione".
            "Art. 332 (Omissione di doveri di ufficio in occasione di
          abbandono di un pubblico ufficio o di   interruzione di  un
          pubblico  servizio).  -  Il    pubblico  ufficiale   o   il
          dirigente un  servizio  pubblico o  di pubblica  necessita'
          che,  in  occasione di alcuno dei delitti preveduti dai due
          articoli precedenti, ai    quali  non  abbia  preso  parte,
          rifiuta  od  omette  di  adoperarsi  per  la    ripresa del
          servizio a cui e' addetto o preposto,  ovvero  di  compiere
          cio'  che  e'  necessario per la regolare continuazione del
          servizio, e' punito   con  la    multa  fino  a    lire  un
          milione".
            "Art.    334   (Sottrazione   o   danneggiamento di  cose
          sottoposte  a sequestro   disposto  nel    corso    di   un
          procedimento   penale   o dall'autorita'   amministrativa).
          -   Chiunque  sottrae,   sopprime, distrugge,  disperde   o
          deteriora  una  cosa  sottoposta a  sequestro disposto  nel
          corso   di   un   procedimento   penale   o  dall'autorita'
          amministrativa  e  affidata  alla  sua custodia,  al   solo
          scopo   di favorire il proprietario di essa, e'  punito con
          la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire
          centomila a un milione.
            Si applicano  la reclusione da  tre mesi a due  anni e la
          multa da lire  sessantamila  a  lire    seicentomila,    se
          la    sottrazione,    la  soppressione,  la distruzione, la
          dispersione  o  il   deterioramento   sono   commessi   dal
          proprietario della cosa, affidata alla sua custodia.
            La  pena    e' della reclusione  da un mese ad  un anno e
          della multa fino a   lire seicentomila, se    il  fatto  e'
          commesso  dal proprietario della cosa medesima non affidata
          alla sua custodia".
            "Art.  335 (Violazione   colposa di doveri inerenti  alla
          custodia di cose sottoposte   a  sequestro    disposto  nel
          corso  di    un  procedimento  penale    o   dall'autorita'
          amministrativa).  -   Chiunque,   avendo   in custodia  una
          cosa  sottoposta    a sequestro disposto   nel corso  di un
          procedimento  penale o  dall'autorita' amministrativa,  per
          colpa  ne cagiona   la   distruzione   o   la  dispersione,
          ovvero   ne   agevola  la sottrazione o la soppressione, e'
          punito con la reclusione fino a sei mesi  o  con  la  multa
          fino a lire seicentomila".
            -  Il    regio  decreto   16 marzo   1942, n.   267 reca:
          "Disciplina  del  fallimento,         del        concordato
          preventivo,      dell'amministrazione controllata   e della
          liquidazione coatta   amministrativa". Il    testo  vigente
          degli    articoli 216,   222 e   223 del  regio decreto  16
          marzo 1942, n. 267 e' il seguente:
            "Art. 216 (Bancarotta  fraudolenta). - E' punito  con  la
          reclusione  da  tre a dieci anni, se e' dichiarato fallito,
          l'imprenditore, che:
            1) ha  distratto, occultato, dissimulato,  distrutto    o
          dissipato  in  tutto  o  in parte i suoi   beni ovvero allo
          scopo di recare pregiudizio  ai  creditori,  ha  esposto  o
          riconosciuto passivita' inesistenti;
            2)  ha sottratto, distrutto o falsificato,  in tutto o in
          parte, con lo scopo  di procurare   a se' o   ad  altri  un
          ingiusto  profitto  o di recare  pregiudizi  ai  creditori,
          i  libri  o   le   altre   scritture contabili   o li    ha
          tenuti    in  guisa    da    non    rendere  possibile   la
          ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
            La  stessa pena  si applica  all'imprenditore, dichiarato
          fallito,  che,    durante  la     procedura   fallimentare,
          commette  alcuno    dei fatti preveduti dal n.  1 del comma
          precedente ovvero  sottrae, distrugge o falsifica i libri o
          le altre scritture contabili.
            E' punito con  la reclusione da uno a  cinque    anni  il
          fallito,  che, prima o  durante la  procedura fallimentare,
          a  scopo di   favorire, a danno dei  creditori,  taluno  di
          essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
            Salve  le   altre pene  accessorie, di  cui al  capo III,
          titolo II, libro I del codice penale, la condanna  per  uno
          dei  fatti previsti nel presente   articolo   importa   per
          la     durata     di      dieci      anni  l'inabilitazione
          all'esercizio    di     una     impresa   commerciale     e
          l'incapacita'  per la  stessa durata  ad esercitare  uffici
          direttivi presso qualsiasi impresa".
            "Art.   222   (Fallimento delle    societa'    in    nome
          collettivo    e    in  accomandita    semplice).    -   Nel
          fallimento delle   societa'   in   nome collettivo    e  in
          accomandita  semplice   le disposizioni   del presente capo
          si    applicano    ai      fatti    commessi    dai    soci
          illimitatamente responsabili".
            "Art.   223  (Fatti  di  bancarotta  fraudolenta).  -  Si
          applicano   le   pene   stabilite   nell''art.   216   agli
          amministratori,  ai  direttori  generali, ai sindaci e   ai
          liquidatori di societa' dichiarate  fallite, i quali  hanno
          commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo.
            Si  applica alle   persone suddette la pena prevista  dal
          primo comma dell'art. 216, se:
            1) hanno commesso   alcuno dei  fatti  preveduti    dagli
          articoli  2621,  2622,  2623,  2628,  2630, comma primo del
          codice civile;
            2) hanno cagionato  con dolo o per effetto di  operazioni
          dolose il fallimento della societa'.
            Si  applica  altresi'  in  ogni    caso  la  disposizione
          dell'ultimo comma dell'art. 216".
            -  La  legge  20  giugno  1952,  n.  645, reca: "Norme di
          attuazione della XII     disposizione     transitoria     e
          finale   (comma   primo)   alla Costituzione".
            -    La legge  25 gennaio  1982, n.  17, reca:  "Norme di
          attuazione dell'art. 18 della Costituzione in   materia  di
          associazioni  segrete  e  scioglimento  della  associazione
          denominata Loggia P2".
            - Il testo vigente dell'art. 2   della legge  25  gennaio
          1982, n. 17, e' il seguente:
            "Art.  2. -   Chiunque promuove o dirige  un'associazione
          segreta, ai sensi dell'art.  1,  o  svolge    attivita'  di
          proselitismo  a  favore  della  stessa  e'  punito  con  la
          reclusione  da uno a cinque anni. La  condanna  importa  la
          interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.
            Chiunque    partecipa  ad    un'associazione   segreta e'
          punito con   la reclusione fino a  due  anni.  La  condanna
          importa l'interdizione per un anno  dai  pubblici   uffici.
          La  competenza  a   giudicare  e'  del tribunale".
            -    La  legge   13   settembre   1982, n.   646,   reca:
          "Disposizioni  in materia  di  misure  di  prevenzione   di
          carattere    patrimoniale    ed  integrazioni alle leggi 27
          dicembre  1956, n. 1423, 10 febbraio 1962, n.   57  e    31
          maggio  1965,   n. 575.   Istituzione   di una  commissione
          parlamentare sul  fenomeno della  mafia". Il testo  vigente
          dell'art.  29, comma 2, della legge 13 settembre  1982,  n.
          646, e' il seguente:
            "La   competenza  per  i  reati  finanziari,  valutari  o
          societari contestati  ad   una   delle   persone   indicate
          nel    comma    precedente  appartiene  in    ogni  caso al
          tribunale  che ha applicato la  misura di prevenzione o che
          e' stato competente per l'associazione mafiosa".
            - La legge  costituzionale 16 gennaio 1989, n.  1,  reca:
          "Modifiche  degli    articoli    96,  134   e   135   della
          Costituzione e   della   legge costituzionale   11    marzo
          1953,   n.  1,  e  norme   in  materia  di procedimenti per
          i  reati di cui all'art. 96  della Costituzione". Il  testo
          vigente      degli   articoli     6  e  11     della  legge
          costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, e' il seguente:
            "Art. 6.  - 1. I   rapporti, i referti    e  le  denunzie
          concernenti  i  reati    indicati  dall'art.    96    della
          Costituzione  sono presentati  o inviati   al   procuratore
          della   Repubblica  presso  il tribunale  del capoluogo del
          distretto di corte d'appello competente per territorio.
            2.  Il  procuratore  della  Repubblica,     omessa   ogni
          indagine,  entro  il termine di quindici  giorni, trasmette
          con le sue  richieste gli atti relativi al collegio  di cui
          al successivo art.  7, dandone immediata comunicazione   ai
          soggetti      interessati    perche'      questi    possano
          presentare   memorie  al  collegio  o  chiedere  di  essere
          ascoltati".
            "Art. 11.  - 1. Per i  reati commessi dal Presidente  del
          Consiglio dei Ministri e dai Ministri  nell'esercizio delle
          loro funzioni, e  in  concorso  con  gli  stessi  da  altre
          persone,  la  competenza  appartiene  in primo   grado   al
          tribunale   del capoluogo   del    distretto    di    corte
          d'appello    competente    per    territorio. Non   possono
          partecipare  al procedimento i magistrati  che hanno  fatto
          parte  del   collegio di cui all'art.  7 nel  tempo in  cui
          questo  ha svolto  indagini sui  fatti oggetto dello stesso
          procedimento.
            2.  Si applicano  per  le  impugnazioni e  gli  ulteriori
          gradi   di  giudizio  le  norme  del  codice  di  procedura
          penale".
            -    Il   decreto-legge   26   aprile   1993,   n.   122,
          convertito,  con modificazioni,  dalla legge   25    giugno
          1993,    n.    205  reca:    "Misure  urgenti in materia di
          discriminazione razziale, etnica e religiosa".    Il  testo
          vigente  dell'art.  6 (Disposizioni processuali), commi 3 e
          4, e' il seguente:
            "3.  Per i  reati aggravati   dalla circostanza   di  cui
          all'art.  3, comma 1, che  non appartengono alla competenza
          della  corte di assise e' competente il tribunale.
            4.  Il tribunale  e'  altresi' competente  per  i delitti
          previsti dall'art. 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654".
            -  Il regio  decreto 30   gennaio   1941, n.   12,  reca:
          "Ordinamento   giudiziario".   Il     testo  vigente  degli
          articoli 7-ter e 48,  comma 2, del regio decreto 30 gennaio
          1941, n. 12, e' il seguente:
            "Art. 7-ter  (Criteri per l'assegnazione    degli  affari
          penali    e  la  sostituzione dei giudici impediti).   - 1.
          L'assegnazione degli affari penali  e'   operata,   secondo
          criteri    obiettivi   e   predeterminati indicati in   via
          generale dal Consiglio   superiore  della  magistratura  ed
          approvati  contestualmente   alle  tabelle degli  uffici  e
          con  la medesima procedura, dal dirigente dell'ufficio alle
          singole sezioni e dal    presidente    della  sezione    ai
          singoli    collegi e  giudici.  Nel determinare  i  criteri
          per  l'assegnazione  degli  affari penali  al giudice   per
          le    indagini preliminari,   il Consiglio  superiore della
          magistratura     stabilisce   la      concentrazione,   ove
          possibile,  in    capo  allo stesso   giudice di tutti  gli
          incidenti  probatori e di  tutti i  provvedimenti  relativi
          allo stesso procedimento.
            Qualora    il  dirigente   dell'ufficio o   il presidente
          della sezione revochino la precedente assegnazione ad   una
          sezione  o  ad  un collegio o   ad un   giudice, copia  del
          relativo   provvedimento  motivato    viene  comunicata  al
          presidente della sezione e al magistrato interessato.
            2.  Il Consiglio superiore  della magistratura stabilisce
          altresi' i criteri  per  la  sostituzione    del    giudice
          astenuto,  ricusato  o impedito".
            "Art.   48   (Composizione   dell'organo  giudicante).  -
          (Omissis).
            In  materia  civile  il   tribunale   ordinario   giudica
          col  numero invariabile di tre votanti:
              1) nei giudizi di appello;
            2)  nei  giudizi nei quali   e' obbligatorio l'intervento
          del pubblico ministero;
              3) nei giudizi devoluti alle sezioni specializzate;
              4) nei procedimenti in camera di consiglio;
            5)    nei    giudizi  di    opposizione,    impugnazione,
          revocazione  e    in  quelli  conseguenti  a  dichiarazioni
          tardive di crediti di cui al regio decreto 16 marzo   1942,
          n.  267,  al  decreto-legge  30    gennaio  1979,  n.   26,
          convertito, con modificazioni, dalla  legge 3 aprile  1979,
          n.  95,  e   alle altre   leggi  speciali disciplinanti  la
          liquidazione  coatta amministrativa;
            6)   nei     giudizi  di  omologazione    del  concordato
          fallimentare  e del concordato preventivo;
            7) nei giudizi  di responsabilita' da chiunque   promossi
          contro  gli  organi   amministrativi   e di   controllo,  i
          direttori generali   e   i  liquidatori    e  ogni    altra
          controversia    avente per  oggetto rapporti sociali  nelle
          societa',   nelle   mutue   assicuratrici     e    societa'
          cooperative,  nelle  associazioni  in  partecipazione e nei
          consorzi;
            8) nei  giudizi di cui agli  articoli 784 e seguenti  del
          codice di procedura civile;
            9) nei giudizi di cui alla legge 13 aprile 1988, n. 117".
            -   Il   testo      vigente   dell'art.   341    (Giudice
          dell'appello), comma 2, del codice di procedura civile,  e'
          il  seguente:  "L'appello  contro le sentenze  del  giudice
          di  pace  si propone  al  tribunale  nel   cui  circondario
          ha sede il giudice che ha pronunciato la sentenza".

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