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èrnia, sf. Fuoriuscita totale o parziale di un viscere o di un'altra parte dell'organismo (un po' di sostanza cerebrale, una parte di muscolo, …) dalla cavità in cui si trova normalmente attraverso un passaggio anomalo. Le ernie più comuni sono quelle che riguardano la cavità addominale, in particolare con rottura all'altezza della regione inguinale (più comune tra i maschi) e vicino all'ombelico (più comune tra le femmine e i neonati). Quando l'organo erniato rimane chiuso nel sacco che si è formato e la sua circolazione sanguigna si blocca, si parla di ernia strozzata, con il rischio di una gangrena e una possibile morte per peritonite. Per estensione il termine viene usato anche per indicare l'ernia del disco, ossia lo spostamento di un disco intervertebrale (cartilagene presente tra due vertebre adiacenti) tale da provocare la compressione di un nervo che esce dalla colonna vertebrale e un conseguente dolore che si estende lungo il decorso del nervo. 


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