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feudalésimo, sm. Assetto politico, sociale ed economico tipico di molti paesi europei del IX e X sec., perdurato fino al 1100 e 1200. Alla base di tale organizzazione, che deriva da usanze dei Merovingi e Carolingi, si trova l'usufrutto o feudo, offerto dai signori (feudatari) ai propri guerrieri, delle terre conquistate; ciò avveniva attraverso una cerimonia d'investitura, con la quale si instaurava una rapporto di vassallaggio tra signore e concessionario, in base al quale il secondo assumeva degli obblighi verso il sovrano (servizi che da militari divennero poi di tipo fiscale) e alcuni vantaggi, primo fra tutti l'immunità. All'origine del sistema stava la necessità di rendere autosufficienti economicamente i propri cavalieri, legandoli contemporaneamente all'autorità del sovrano. Originariamente, alla morte del vassallo, il feudo tornava al re, ma con il Capitolare di Kiersy (877) divenne ereditario e il feudatario diventò un vero principe assoluto. Si giunse pertanto all'autonomia politica oltre che economica: i feudatari potevano concedere una piccola parte dei loro feudi ad altri vassalli (valvassori), a cui venne in seguito riconosciuto il diritto di eredità (Constitutio de feudis). Nella società feudale erano individuabili quattro classi: la nobiltà, il clero, i liberi (contadini e artigiani) e i servi della gleba. Centro per eccellenza del feudo era il castello del signore. 


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