Enciclopedia

neorealìsmo, sm. In filosofia il neorealismo indica il movimento sviluppatosi agli inizi del XIX sec. in Inghilterra e Stati Uniti d'America, a opera di G. E. Moore, B. Russell, A. N. Whitehead, R. B. Perry e W. P. Montague. Contrapponendosi all'idealismo affermò l'indipendenza della realtà dai processi conoscitivi degli individui. 
In arte è il movimento tendente a rappresentare la vita e gli eventi in modo il più possibile aderente alla realtà. Il neorealismo letterario viene fatto risalire ad A. Moravia (Gli indifferenti, 1929) e C. Alvaro (Gente in Aspromonte, 1930) e, nel dopoguerra, alla reazione al disimpegno culturale sotto il regime fascista. Il periodo focale del neorealismo in letteratura va dal 1945 al 1955 e annovera tra i suoi esponenti scrittori come V. Pratolini, I. Calvino, F. Jovine, C. Cassola, B. Fenoglio, C. Levi ecc. 
Il neorealismo nella cinematografia si è espresso attraverso l'analisi dei problemi sociali del dopoguerra, con atteggiamenti di umanitarismo popolare. Le opere principali sono dovute ai registi L. Visconti (Ossessione, 1942), R. Rossellini (Roma città aperta, 1945 e Paisà, 1946), V. De Sica (Sciuscià, 1946 e Ladri di biciclette, 1948), oltre a P. Germi, A. Lattuada e G. Da Santis. 
Il neorealismo nella pittura e nella scultura ebbe inizio intorno al 1930 da parte di artisti che si opponevano all'estetica ufficiale, cercando di sviluppare forme comprensibili alle classi popolari, richiamandosi alla pittura verista dell'Ottocento. Sull'esempio di P. Picasso il comune impegno sociopolitico coinvolse M. Mafai, R. Guttuso, G. Migneco, G. Manzù, E. Treccani, E. Vedova, B. Cassinari, A. Sassu, R. Vespignani e altri. 


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