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radiocomunicazióne, sf. Trasmissione di informazioni tra due o più enti, posti anche a elevata distanza, mediante emissione e ricezione di onde elettromagnetiche. Una stazione di trasmissione comprende un'antenna, percorsa da corrente elettrica o radiofrequenze, che emette radioonde per irradiazione. Al fine di poter trasmettere suoni e voci, occorre variare le onde mediante la modulazione di ampiezza (AM) e la modulazione di frequenza (FM), che consistono in una variazione, rispettivamente, dell'ampiezza e della frequenza dell'onda portante l'onda di bassa frequenza del segnale che deve essere trasmesso. Vista la crescente quantità di informazioni da scambiare, si è reso necessario l'utilizzo di frequenze elevate, propagantesi solo in linea retta; questo ha portato allo sviluppo della radiocomunicazione satellitare che consente di scambiare informazioni tra due stazioni non reciprocamente visibili. In generale, le onde radio, che si propagano in linea retta, subiscono riflessione, rifrazione e assorbimento a causa della curvatura terrestre. Assai importante è la riflessione ionosferica, che produce la riflessione delle onde negli strati ad alta ionizzazione della ionosfera. Maxwell, nel 1887, produsse le prime onde elettromagnetiche. In seguito Righi, Lodge e Marconi (1895-1901) applicarono le teorie di Maxwell e De Forest inventò il triodo per la modulazione e la demodulazione della frequenza. Nel 1920 iniziò la radiodiffusione in Gran Bretagna e negli USA, mentre in Italia iniziò come monopolio statale solo quattro anni più tardi; fu liberalizzata solo nel 1970. 


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