Punti di interesse turistico della regione Lazio

CategoriaScultura
TitoloGruppo di Scilla e la nave di Ulisse
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DescrizioneScilla e la nave di UlisseSecondo il racconto omerico, nel corso del viaggio di ritorno da Troia verso Itaca, Ulisse e i suoi compagni si trovarono ad attraversare un tratto di mare reso pericoloso per la presenza di due terribili mostri marini: Cariddi creava dei gorghi che risucchiavano le imbarcazioni fino a farle affondare, Scilla ne afferrava i marinai con i suoi tentacoli e li divorava. Il gruppo raffigura la nave di Ulisse nel momento in cui viene intercettata da Scilla. Dell’imbarcazione è visibile solo la poppa, sulla quale rimangono solo Ulisse e il timoniere. Il mostro, dalle sembianze di donna, ha l’estremità inferiore costituita da code pisciformi e teste di cani feroci e con queste sta avviluppando e divorando cinque marinai caduti fuori bordo. Intanto, con la mano destra Scilla afferra per i capelli il timoniere, aggrappato al timone, mentre con l’altra fa roteare sulla propria testa la barra del timone spezzata. Il gruppo ha una scala monumentale e si articola su vari livelli che, attraverso una serie di accorgimenti compositivi, restituiscono grande dinamismo alla rappresentazione. Il gruppo è stato ricostruito incastrando centinaia di minuti frammenti marmorei e, per quanto possibile, integrando le parti mancanti. Nel 1992 vennero creati dei calchi dell’intero gruppo, in modo da realizzare una copia che permettesse di proseguire nella corretta ricomposizione della scena. La ricostruzione nella sala, ancora lacunosa, consente di intuire l’originaria grandiosità della composizione: le perdite maggiori sono rappresentate dalle teste di tre dei compagni azzannati dalle protomi ferine, dall’Ulisse e dal torso di Scilla. Una ricostruzione del gruppo è stata curata da Bernard Andreae ed è conservata a Roma, presso il Museo della Civiltà Romana.Gli autoriSul castello di poppa della nave si trova un’epigrafe greca che riporta i nomi degli autori dell’opera, si tratta di Athanodoros, Agesandros e Polydoros di Rodi. Probabilmente Tiberio, poco dopo l’adozione da parte di Augusto (4 d.C.), commissionò il gruppo a scultori rodii, conosciuti al tempo del suo soggiorno nell’isola. Secondo alcuni studiosi questo gruppo sarebbe la copia di un originale bronzeo, fatto erigere a Rodi tra il 188 e il 168 a.C. come monumento ai caduti della guerra contro i pirati. La derivazione da un’opera bronzea sarebbe dimostrata anche dall’impiego di lunghi puntelli, che nell’originale dovevano essere assenti e che nella trasposizione marmorea erano resi necessari per sostenere il peso dell’imponente composizione. Ciò nonostante, nella maggior parte dei casi i vari puntelli e i punti di equilibrio sono nascosti e organizzati secondo un gioco ad incastro e non interferiscono con la fruizione dell’opera.I nomi degli scultori sono gli stessi citati da Plinio il Vecchio quali autori del celebre Laocoonte, rinvenuto a Roma nel ‘500 e oggi conservato presso i Musei Vaticani, ed è anche per questo che, in un primo momento, i monumentali frammenti ritrovati nella Grotta sono stati considerati come parte di un complesso simile a quello di Laooconte (vedi Odissea di marmo).L’imbarcazioneLa nave di Ulisse appartiene al tipo “trireme”, un’imbarcazione da guerra, piuttosto veloce, che utilizzava come propulsione, oltre alla vela, tre file di rematori (da cui deriva il nome greco) disposti sulle due fiancate dello scafo. Questo genere di nave era in uso nella marineria rodia durante il II secolo a.C. e la scelta di questa tipologia potrebbe spiegarsi con l’intenzione degli scultori di conferire alla scena mitica valore storico. L’imponente imbarcazione è stata sinteticamente riprodotta nella sua parte posteriore, la poppa, con la terminazione ricurva che ne rappresenta una caratteristica peculiare.UlisseLa statua di Ulisse doveva trovarsi sul ponte della nave, alle spalle del nocchiero. Dai frammenti, non ancora riconnessi, risulterebbe che l’eroe era raffigurato armato di scudo e lancia nell’atto di colpire il mostro marino. Nel programma iconografico della Grotta (vedi Odissea di marmo) l’episodio viene usato per dare risalto al coraggio (la virtus) di Ulisse. Infatti, nonostante gli avvertimenti ricevuti della maga Circe sull’inutilità di combattere con Scilla, l’eroe non rinuncia ad affrontarla nel tentativo di salvare sé e i propri compagni. Il pilota Mentre ciascuna delle sei protomi ferine, che circondano alla cintola la parte inferiore del corpo di Scilla, è intento a divorare i marinai, il nocchiero è con Ulisse ancora a bordo della nave. Alla traiettoria del suo corpo, in posizione orizzontale e con le gambe in aria per effetto della velocità della nave, si contrappone il timone cui ancora il pilota si regge nel disperato tentativo di gestire la nave. Intanto, dal fianco sinistro, una delle teste di cane si protende verso di lui cercando di azzannarlo, mentre Scilla, afferratolo per i capelli con la colossale mano, tenta di scaraventarlo in acqua. La drammaticità del momento si riflette sul volto del nocchiero, segnato dall’orrore. A differenza degli altri marinai, rappresentati nudi, il pilota veste una tunica corta, cinta in vita, segno di una distinzione di grado tra i marinai.ScillaLa grande frammentazione dei resti, unita alla complessità della colossale scultura, ha reso difficile il restauro e la ricomposizione del mostro, per il quale manca un referente iconografico preciso. Di Scilla si sono salvati i frammenti dell’estremità inferiore, con code pisciformi e teste di cani che avviluppano e azzannano i marinai caduti dall’imbarcazione. Restano anche alcuni frammenti delle braccia, con la mano sinistra con cui brandiva il timone strappato alla nave, segno che la nave è ormai ingovernabile. Si conserva anche la destra con cui Scilla afferra per i capelli il timoniere. Proprio il braccio destro del mostro, tutto proteso in avanti, accompagna la traiettoria del corpo del nocchiero, che si trova in posizione orizzontale, sospinto all’indietro dalla velocità della nave, mentre con la mano sinistra cerca di reggersi al timone. La mano destra dunque rappresenta l’elemento di congiunzione compositiva tra i due blocchi marmorei da cui è stata ricavata la scultura. In origine, Scilla era una bellissima ninfa amata dal dio marino Glauco. Per conquistarla il dio chiese aiuto alla maga Circe che, essendo gelosa della giovane, gli preparò una pozione malefica. L’acqua in cui Scilla era solita bagnarsi venne contaminata con la pozione e appena ella vi si immerse fu trasformata in un mostro terribile. Dalla vergogna per questo suo orribile aspetto Scilla si ritirò nella fessura di uno scoglio, di fronte al terribile mostro Cariddi. I compagni di Ulisse Ciascuno dei compagni di Ulisse caduti dalla nave lotta per liberarsi dalla presa dei tremendi mostri che fuoriescono dalla estremità inferiore di Scilla. Secondo il criterio della varietas, ciascuno è rappresentato in atteggiamento diverso:- uno, in stato lacunoso, cade a capofitto dalla nave, forse tuffantosi nella speranza di salvarsi a nuoto, ma viene azzannato appena sopra il fianco da una testa di cane che esce all’ingiù dai fianchi di Scilla; La collocazioneL’imponente gruppo scultoreo (alto 3,70m, largo 2,90m e profondo 2,50m) era collocato su una pedana in muratura ricavata al centro del grande bacino idrico circolare nella Grotta. Così circondata dalle acque ed emergente dal fondo scuro della spelonca, il gruppo doveva dare l’impressione di una prua di nave che stesse fendendo le onde del mare. Al momento della collocazione dell’opera all’interno del museo si scelse di inserirla al centro della chiostrina evocando la posizione centrale che il gruppo avrebbe occupato originariamente nella Grotta. Nella stessa occasione il basamento venne coperto di sabbia, in modo da richiamare il contesto marino per il quale era stato pensato; mentre venne commissionata ad alcuni carpentieri navali locali l’esecuzione di alcune parti lignee della nave, a suggerire come avrebbe potuto essere l’imbarcazione scolpita.

Fonte dei dati: Filas | Distretto Tecnologico della Cultura - futouring.eu
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