Punti di interesse turistico della regione Lazio

CategoriaPOI_InteresseCulturale
TitoloHall of Solitude, or Philosophers’ Hall - Farnese Palace, Caprarola
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Periodo1565-1566
DescrizioneLa stanza, situata sul versante nord al “piano nobile” e facente parte dell’appartamento dell’estate, è detta “della Solitudine” o “dei Filosofi” per le pitture nella volta dedicate a personaggi e a fatti di storia sacra e profana esemplari per virtù di vita solitaria e meditazione, secondo un programma iconografico tracciato da Onofrio Panvinio e, su richiesta dei pittori, messo a punto da Annibal Caro, il quale ce ne ha lasciato una dettagliata descrizione in una lettera del 15 maggio 1565. L’esecuzione spetta a Taddeo Zuccari coadiuvato dalla sua bottega ed è databile al 1565-1566. La stanza era destinata a studio del cardinale Alessandro Farnese. La volta, delimitata in basso da un cornicione in stucco di ispirazione classica con alla base una teoria di gigli farnesiani, è compartita in una serie di riquadri di varie forme delimitati da cornici a stucco indorato; le superfici residue, contornate da fasce e filetti rossi e verdi, sono popolate da un brulicare di motivi a grottesca su fondo alternativamente rosso o verde. Al centro della volta è raffigurato Anfione, allievo di Apollo, che con il suono della cetra ricostruisce Tebe distrutta, nell’ottagono al di sotto è una serpe, simbolo di prudenza contemplazione,in quello di sopra il pellicano che alleva i pulcini col proprio sangue. Nella parte destra, lato camino, il riquadro centrale presenta Gesù Cristo predicante tra S. Giovanni Battista e S. Paolo; a sinistra di questo è effigiato il poeta latino Ennio, a destra, probabilmente, il tiranno Gerone I di Siracusa; negli spicchi laterali, a sinistra sono raffigurati gli Esseni, a destra i Druidi. Nella fascia più bassa, al centro è un riquadro con S. Paolo di Tebe primo eremita e S. Antonio Abate con il corvo che porta a loro il pane; a sinistra, entro un ottagono è effigiato Carlo V imperatore con l’iscrizione: POST INNVMEROS / LABORES OCIOSAM / QVIETAMQ. VITAM / TRADVXIT (“dopo innumerevoli fatiche si diede a una vita libera da impegni e quieta”) e in fondo, in un ovale, è Seneca col motto: PLVS / AGVNT / QVI / NIHIL / AGERE / VIDENTVR (“fanno di più coloro che sembra non facciano nulla”); a destra, entro un ottagono è effigiato Aristotele che regge un epigrafe con scritto: ANIMA FIT / SEDENDO ET / QVIESCENDO / PRVDENTIOR (“fermandosi e riposando l’anima diviene più saggia”) e in fondo, in un ovale, Menandro con una maschera teatrale sul lato e col motto: VIRTVTIS / ET LIBERAE VITAE / MAGISTRA OPTIMA / SOLITUDO (“la solitudine è ottima maestra della virtù e della vita libera”). Nella parte sinistra della volta il riquadro centrale raffigura alcuni aneddoti su filosofi: lo scettico Timone che scaglia pietre contro i disturbatori della sua solitudine, un “platonico” che si acceca perché la vista non lo distragga dalla pura speculazione e alcuni solitari che, nascosti nei boschi, senza farsi vedere espongono tavole coi loro scritti; a sinistra di questo è effigiato, probabilmente, Scipione l’Africano, a destra Tolomeo Filadelfo re d’Egitto; negli spicchi laterali, a sinistra sono raffigurati i nudi Gimnosofisti indiani, a destra gli Iperborei con sacchi di riso e farina che servivano loro da cibo. Nella fascia più bassa, al centro è un riquadro che raffigura, probabilmente, la “visione” di S. Agostino, cioè l’incontro del Santo con un bambino intento a versare con una conchiglia l’acqua del mare in una buca scavata nella sabbia; a sinistra, entro un ottagono è effigiato Catone con l’iscrizione: QVEMADMODVM / NEGOCII SIC / ET OCII / RATIO / HABENDA (“allo stesso modo che per l’attività bisogna avere una ragione per l’inattività”) e in fondo, in un ovale, è Cicerone col motto: OCIVM / CVM / DIGNITATE / NEGOCIVM / SINE / PERICVLO (“ozio con dignità, attività senza pericolo”); a destra, entro un ottagono, è effigiato un sultano che regge un epigrafe con scritto: ANIMVM A NEGOCIO / AD OCIVM REVOCAVIT (“dall’attività volse l’animo all’ozio”), secondo Vasari “il ritratto del gran Turco ultimo, che molto si dilettò della solitudine”, da cui l’identificazione con Solimano il Magnifico (1520-1566), anche se le fattezze ricordano quelle di Bayezid II detto “il Giusto” (1481-1512), e in fondo, in un ovale, Euripide col motto: QUI AGIT PLURIMA PLURIMUM PECCAT (“chi fa moltssime cose sbaglia moltissimo”). Sulla vela del lato corto verso il cortile al centro è un tondo con la figura del filosofo Diogene dentro la botte; nella lunetta sottostante al centro è la scena di Numa Pompilio che parla con la ninfa Egeria che gli dona le leggi di Roma, a sinistra un riquadro con un uccello, a destra una lepre; nei riquadri della fascia sinistra, in alto l’emblema della nave Argo con il motto greco PARAPLOSOMEN (“navigammo oltre”, indicante il superamento di avversità), in basso un rapace notturno, mentre in quelli della fascia destra, in alto l’emblema farnesiano dei tre gigli e l’arcobaleno, con il motto greco DIKES KRINON (“giglio di giustizia”, emblema di Paolo III), in basso Ganimede e l’aquila di Giove. Sulla vela del lato corto verso l’esterno al centro è un tondo con la figura di papa Celestino V; nella lunetta sottostante al centro è la scena di Minosse che esce da un antro dov’è la statua di Giove, dove ha ricevuto le tavole con iscritte le leggi, a sinistra un riquadro con la fenice sopra la sua “immortalità”, cioè il fuoco che la riduce in cenere da cui rinasce, simbolo di resurrezione, a destra un uccello grifone; nei riquadri della fascia sinistra, in alto l’emblema della freccia conficcata al centro di un bersaglio con il motto greco BALL'OUTOS (“colpisci così”, alludente alla capacità di andare al centro delle questioni), in basso Pegaso che con le zampe anteriori percuote la roccia facendone scaturire acqua, mentre in quelli della fascia destra, in alto l’emblema farnesiano ancora di Pegaso che esce dal sole e con le zampe percuote il monte Parnaso, facendone scaturire un fiume con motto greco EMERAS DORON (“dono del giorno”, alludente al mecenatismo farnesiano), in basso un elefante che barrisce alla luna. Nell’architrave della sottostante finestra, tra motivi a grottesca, è dipinta a monocromo entro un tondo l’effige di Diocleziano imperatore, mentre negli strombi risaltano due vedute di luoghi solitari.

Fonte dei dati: Filas | Distretto Tecnologico della Cultura - futouring.eu
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